IL SANTUARIO, FRA ARTE, FEDE E LINEAMENTI STORICI


Le vetrate della chiesa
"il lavoro degli artigiani vetrai"

PRIMA VETRATA A SINISTRA

La composizione è semplice: una grande corona regale, solare, dalla quale fuoriescono due foglie di palma.

Sono i simboli associati a Santa Fausta, la santa martirizzata le cui reliquie sono raccolte nella statua di legno, intagliata dai maestri d'ascia di Canazei, e adagiata nella piccola cripta trasparente alla base della stessa finestra.

Illustrando la vetrata cogliamo l’occasione per soffermarci un momento sulla figura di santa Fausta, poco conosciuta, e sugli albori della cristianità.

Le reliquie di santa Fausta, il cui corpo fu rinvenuto nella catacomba di san Callisto a Roma, dal 1700 sono venerate nella nostra chiesa. Essa appartiene ai primi tempi del Cristianesimo, alle prime conversioni. E’ un esempio raro quello offerto dai primi cristiani, un fatto inconsueto che, nei primi tempi del Cristianesimo, sì trovassero anime disposte al sacrificio e alla persecuzione per amore di quel Dio disprezzato dai pagani.

Per gli apologisti, la prima diffusione dei Cristianesimo fu già un miracolo per se stessa. Per la stessa ragione, bastava la conversione per dimostrare la santità dei primi cristiani. Non c'era bisogno di altro. Non per nulla, i Cristiani dei primi secoli si chiamavano tutti, indistintamente, " Santi ".

Per illuminare la loro aureola, bastava una confessione, o anche una semplice ammissione: " Sono cristiano ". Spesso, a queste parole dei Santi detti appunto " Confessori ", seguiva il processo, la condanna, il supplizio dei Santi, detti allora Martiri cioè " testimoni ".

Le varie Passioni derivavano dal desiderio di rendere più evidenti e più esemplari questi sacrifici spesso oscuri, questi eroismi nascosti. Fausta, moglie di un idolatra, ebbe una figlia, che lei allevò fin dai primi giorni di vita, facendola cristiana: Santa Anastasia.

Fausta conosceva i rischi che correva sua figlia avendola convertita al cristianesimo. Voleva dire preparare alla propria figlia un futuro fatto di sacrifici e persecuzioni, un corredo color porpora, un futuro di repressione, avviandola quasi certamente ad una morte prematura. L'amore materno doveva essere superato dalla fede: la speranza umana doveva essere accesa dalla carità divina.

Ecco quindi che attraverso la figura di santa Fausta si scopre e si rivela tutto un profondo panorama storico e religioso, che acquista un grande valore apologetico nella prospettiva dei primi secoli cristiani.

Tornando a commentare la nostra vetrata possiamo aggiungere che nell'antica simbologia la “palma del martirio” è stata assunta come simbolo del cristianesimo.
L'immagine della palma si relaziona all’Oriente; cioè alla terra dove maggiormente si trova questo albero, slanciato e vigoroso, con possenti pennacchi di foglie disposti a raggio, come quelli del sole.

Il suo significato è quello della vittoria, dell'ascesa, della rinascita e dell'immortalità. Molti associano la palma alla figura della fenice e ha la funzione di albero della vita.

Questa simbologia, presente fin dall'epoca paleocristiana è legata a un passo dei Salmi, dove viene detto: “come fiorirà la palma così farà il giusto”. La palma infatti produce un'infiorescenza quando sembra ormai morta ed essiccata, così come i martiri hanno la loro ricompensa in paradiso.

Il legame della palma con il martirio è dovuto al fatto che nell'iconografia cristiana ai martiri delle catacombe spesso veniva associato proprio questo simbolo.

Infatti, la palma del martirio si incontra su epigrafi sepolcrali, sarcofagi e lastre. Spesso viene associata al monogramma di Cristo.

PRIMA VETRATA A DESTRA

Anche in questa vetrata troviamo una corona regale, solare, associata a due enormi chiavi e al cilicio.

Questa vetrata, posta in corrispondenza della precedente, allude al martirio e rimanda alla figura di san Pietro che, al pari di Gesù, è stato crocifisso e martirizzato.

Non dimentichiamo che fra i dodici apostoli Pietro, Giacomo e Giovanni, appartenevano a una cerchia ristretta. Ricordiamo che i tre assistettero alla resurrezione della figlia di Giairo, alla trasfigurazione e all'agonia di Gesù nell’orto degli ulivi.
Pietro fu l’unico che tentò una stentata difesa per salvare il maestro dall’arresto perpetrato da Malco. Seguì Gesù dentro la casa del sommo sacerdote Caifa e seguì Gesù sulla croce.

Quindi, la figura regale di Pietro all’interno della Chiesa viene evidenziata dalla corona. Le chiavi del paradiso rappresentano l’alto onore concesso da Gesù al suo apostolo sulla “cui pietra è stata eretta la Sua Chiesa”.

Secondo alcuni racconti, Pietro venne arrestato e rinchiuso, insieme a Paolo, all'interno del Carcere Mamertino che trasformò in chiesa.
Si narra che Pietro facendo un segno di croce verso la Rupe Tarpea, riuscì a farne scaturire dell'acqua e con essa battezzava i carcerieri.

Pietro venne martirizzato per crocifissione all’epoca di Nerone. Considerato che non si hanno notizie su eventuali fustigazioni di Pietro, l’immagine del cilicio potrebbe essere messa in relazione con i dipinti presenti nella navata destra della Basilica di san Pietro in Roma, nel mausoleo della Contessa Matilde.
Immagini correlate alla lotta per le investiture, con Enrico IV di Germania, prostrato ai piedi di Gregorio VII, che egli stesso aveva spodestato durante il Concilio di Worms.
Un Enrico IV che il 28 gennaio 1077, per ottenere la revoca della scomunica papale, rimase esposto per tre giorni e per tre notti, umiliandosi a piedi nudi e vestito di cilicio, in mezzo ai rigori dell'inverno, nella corte del Castello di Canossa.

In questo caso l’allegoria rappresentata nella vetrata assumerebbe un carattere certamente diverso nel ricordo dell'uomo penitente.

SECONDA VETRATA A SINISTRA

La composizione evidenzia due grucce e un cuore circondato da una corona di spine: è evidente il richiamo a Maria, la Consolatrice degli afflitti. La vetrata è stata posizionata sopra al confessionale.

La composizione aiuta a comprendere che il grande cuore di Maria, con l’aiuto della preghiera, ci accompagna nelle nostre sofferenze terrene: la malattia, la perdita delle persone care e, più in generale, la sofferenza che fanno da contrappunto alla carità ed alla penitenza, che nella sintesi, sono il rimedio per alleviare, attraverso la confessione, non solo le sofferenze fisiche ma anche quelle spirituali.

Maria conosce e comprende la nostra sofferenza. Maria conosceva il futuro del suo tenero figlio. Con mani tremanti lo presenta al Padre! Ma il Suo cuore non vacilla.
È chiamata a compiere una missione, più terribile di quella di ogni altra madre.

Fortunatamente le madri non conoscono il futuro dei loro figli e il loro avvenire viene ricamato con fili d’oro.

Invece, Maria conosce chiaramente il destino e il futuro di Suo figlio e se non lo sapesse, il profeta di Dio squarcia l'avvenire: "Una spada ti trapasserà il cuore". E la croce si leva lugubre e sulla croce il corpo disfatto del suo dolce figlio.

La parola di Simeone è la parola di Dio. E Maria inizia a percorrere la sua strada, stretta più che mai al suo tesoro e portando nel cuore la condanna.

Una doverosa riflessione: Quasi mai entrando in questa chiesa ci accorgiamo che siamo sotto lo sguardo della Madre di Gesù Crocifisso: l'Addolorata.
Noi uomini e donne del nostro tempo il più delle volte neanche alziamo gli occhi per guardarLa, diamo l'idea di non sapere e di non voler sapere.

SECONDA VETRATA A DESTRA

La composizione evidenzia un drago malvagio, trafitto da una spada, che evoca l’Agnello del Signore inviato per sconfiggere il malvagio. E' stato raffigurato anche uno scudo, con l'evidente richiamo a Maria. Maria, regina dei confessori della fede, scudo protettivo di noi tutti contro il male psicologico, profondo e malvagio, che aggredisce ed offende l’anima.
Anche questa vetrata è stata posta in corrispondenza del confessionale.

Maria, regina concepita senza peccato, trionfa sul drago; sul serpente che ha sempre insidiato il nostro animo, fino dai tempi remoti di Adamo ed Eva.
I segni allegorici della composizione ci ricordano che siamo posseduti dall’ambizione che sfocia nel materialismo e nel relativismo. Ma il nostro profondo egoismo sfocia anche in una forma di sfiducia generale evidenziata dal Papa: il laicismo che ci fa abbandonare ogni identità religiosa.

Tutti questi peccati sono contro il cristianesimo e debbono essere purificati nel confessionale e solo con l’aiuto di Maria è possibile il trionfo sul materialismo, il male di ogni secolo.

Lo scudo, molto semplicemente, ci riconduce all'Immacolata Concezione di Maria che è stata proclamata nel 1854, da Papa Pio IX.
E' un obbligo e una necessità, soffermarsi, seppure brevemente, nel ricordare che la storia della devozione per Maria Immacolata è molto più antica del riconoscimento ufficiale della Chiesa. Precede di secoli la proclamazione del dogma che come sempre non ha introdotto una novità, ma ha semplicemente coronato una lunghissima tradizione.

Ci piace ricordare, in questa occasione, che il 27 novembre del 1830 a Rue Du Bac, in Francia, la Santa Vergine apparve ad una giovane novizia delle suore di S. Vincenzo Dè Paoli: suor Caterina Labourè.

La Madonna le mostrò una medaglia e le chiese di farla coniare, avvisandola che tutte le persone che la porteranno al collo riceveranno grandi grazie.

Una sorte di scudo contro il male. La medaglia dell'Immacolata, coniata nel 1832, fu denominata dal popolo stesso Medaglia Miracolosa per il gran numero delle grazie spirituali e materiali ottenute per intercessione di Maria.

Questa apparizione è stata approvata dalla Chiesa e, Suor Caterina Labuorè dopo una vita spesa nell'aiuto ai poveri dell'ospizio di Enghien, a Parigi, è stata canonizzata da papa Pio XII nel 1947.

Il corpo incorrotto di Santa Caterina Labourè giace nell'urna della cappella a Rue Du Bac in cui le era apparsa la Madonna.

TERZA VETRATA A SINISTRA

La composizione è semplice, lineare, quasi essenziale.

Gli artigiani vetrai hanno voluto evidenziare un semplice fiore: una rosa. Una rosa intagliata in una vetrata esposta ad ovest, che alla luce calda del tramonto, tende a prende i colori scarlatti.

La rosa per antonomasia, è il fiore dedicato a Santa Rita, il cui altare è proprio posto in corrispondenza della vetrata.

La profonda devozione che la nostra comunità porta per la santa agostiniana è solo seconda a quella più grande per la Madonna della Neve.

La venerazione per Rita da Cascia, da parte dei fedeli iniziò appena dopo la sua morte e fu caratterizzata dal gran numero e dalla qualità di eventi prodigiosi riferiti alla sua intercessione, tanto che divenne "la santa degli impossibili". Una santa nel cuore di tutti i parrocchiani che confidano in un Suo illuminato percorso terreno.

Purtroppo, in ogni casa e in ogni famiglia sono presenti i casi clinici o di vita che affliggono l'umanità. Le problematiche non mancano mai e santa Rita con la Sua presenza in chiesa ci accompagna lungo il nostro cammino quotidiano.

La vita della santa fu segnata dal dono della Croce, sopportò il morso del dolore che le stringeva l'anima e le lacerava le carni, perché comprese la sapienza della Croce.

Seppe tramutare il dolore in una incredibile espressione di amore che dona senza chiedere e lo trasformò in una forza travolgente di elevazione spirituale.

Divenne l'amore che loda Dio nonostante le sofferenze: in una forma più pura e più alta della carità.

TERZA VETRATA A DESTRA

Contrariamente alla precedente vetrata, in questo caso i maestri vetrai hanno voluto realizzare una composizione molto ricca di allegorie e molto significativa: una conchiglia custodisce un bene prezioso e raro. Un’ostrica ha generato il più prezioso dei tesori: una perla bianca, sfavillante di luce.

Altrettanto evidente il richiamo a Maria che ha generato il Salvatore dell’umanità.

E' stato immaginato un raggio di luce riflesso dalla perla che assume il contorno della Croce di Cristo: unico, vero, sfavillante tesoro dell’essere umano.

Al di là delle ricchezze terrene e dell'ambizione di possedere soltanto i beni materiali, dobbiamo avere la capacità di scoprire il vero significato di quella ”perla preziosa” che è poi la vita del Signore Gesù Cristo in noi; è Lui che attraverso lo Spirito Santo vive in noi operando grandi cose e facendo meraviglie nelle nostre vite, così che davvero a noi resta solamente il compito di “affidarci” totalmente e senza riserve a Lui.

Il richiamo a Maria è evidente, quale sede della Sapienza e vera fonte della nostra gioia.

Quindi, indirizzando correttamente i nostri interessi verso le vere cose importanti della vita, possiamo aspirare al possesso di "tesori" dal significato più ampio, ben conoscendo in Chi abbiamo riposto la nostra speranza.

QUARTA VETRATA A SINISTRA

Per questa vetrata i maestri intagliatori del vetro hanno cercato fondamentalmente la semplicità della composizione, per esprimere concetti molto più profondi.

Una composizione semplice ma molto significativa: ancora un fiore, un giglio bianco, il fiore della purezza e il simbolo araldico per eccellenza.

Il giglio è da sempre stato indicato come il simbolo della purezza, dell'innocenza, della castità e dell'amore.

Proprio per questi significati intrinseci il giglio viene attribuito ed affiancato alla figura di diversi santi e alla figura dell'Arcangelo Gabriele.

Questo fiore, simbolo della purezza per eccellenza, è stato rappresentato nella vetrata per evidenziare un messaggio fondamentale: "i puri di cuore erediteranno il regno dei cieli".

Nel particolare della vetrata, elemento di arredo di un santuario mariano, siamo portati a pensare che la rappresentazione del giglio non sia un fatto casuale. Noi pensiamo che l'immagine del giglio è stata proposta, per sottolineare il candore immacolato di Maria, Madre purissima, Madre castissima, Madre immacolata.

Quando eleviamo questo fiore a simbolo della purezza, dobbiamo intendere la purezza della fede, ma anche della povertà terrena e della ricchezza spirituale, essendo presente spesso nelle scene dell’Annunciazione.

QUARTA VETRATA A DESTRA

Icona allegorica, apparentemente più complessa rispetto ad altre, ma in sintonia con il carattere di un santuario mariano.

L'immagine proposta ai fedeli è costituita dalla rappresentazione di due grandi porte sorrette da ali angeliche.

Angeli chiamati a sorreggere, un portale dal taglio pesante, difficile da forzare e da offendere: le porte del paradiso che si schiudono al dolce suono della preghiera.

Due porte che lasciano filtrare il sole del mattino, uno spiraglio di luce chiara e carica di speranza che ci perviene da una profonda fede.

Sulle porte sono incisi i richiami alla preghiera, uno in particolare: L’Ave Maria. La preghiera per eccellenza.

Maria Porta del cielo e l’Ave Maria la più semplice ed efficace chiave per aprire le porte del cielo.

La Madonna, tra le altre inimitabili prerogative, possiede anche, per volontà divina, quella d’essere la via privilegiata per raggiungere il Paradiso.
Se, infatti, mediante Maria abbiamo ricevuto il dono incomparabile, unico ed esclusivo di Gesù, analogamente mediante la Madonna possiamo entrare in comunione con Gesù, attraverso l'unica vera chiave con la quale è possibile aprire quell'uscio: l'uscio oltre il quale è possibile la nostra salvezza.

Un dono incommensurabile, il dono della filialità diretta con Maria la quale, come tutte le mamme, tiene a cuore la sorte di ognuno di noi, prezioso figlio. Ricchi di tanta protezione e benevolenza affidiamoci totalmente alla Madonna della Neve.

QUINTA VETRATA A SINISTRA (cambiare foto)

L'iconografia rappresentata dai magistrali intagliatori, attinge a piene mani dal serbatoio delle simbologie appartenenti all'Ordine degli Agostiniani Scalzi.

La composizione ricca di richiami avvicina il nostro pensiero a sant’Agostino, al suo Ordine Monastico e a tutti i suoi seguaci che si sono avvicendati nella conduzione della nostra Chiesa locale.

Un atto dovuto, non tanto per sottolineare lo "status" attuale della reggenza, ma per ricordare che, fin dalla nascita, il santuario è sempre stato di proprietà dell'Ordine degli Agostiniani e la loro presenza, accanto ai fedeli, non è stata mai interrotta.

Anche se alcune vicende storiche, in base alle leggi di soppressione nel 1873, avevano portato all'esproprio dei beni e quindi gli agostiniani erano divenuti semplici custodi della chiesa e del convento, appena possibile riacquistarono l'intero complesso.

Dopo il decreto di erezione a parrocchia dell'aprile del 1936 "Cum plurimi Chritifideles" il 21 novembre 1937 la parrocchia venne nuovamente affidata a pieno titolo all'Ordine degli Agostiniani Scalzi.
Artefice di tutta la trattativa fu Padre Clemente Eleuteri.

Il Sacro Cuore di Gesù trafitto da una freccia, un pastorale, una mitra vescovile e un libro, rappresentano le fondamenta sulle quali poggia tutto il pensiero filosofico di Agostino e dell’Ordine dei Padri Agostiniani Scalzi.

Obbedienti a Cristo, custodi della Sua parola e del pensiero filosofico della Chiesa, sono stati i nostri pastori e le nostre guide. La guida per una comunità umile e fedele, consapevole però del proprio ruolo all’interno della Chiesa di Cristo.

QUINTA VETRATA A DESTRA

Una rappresentazione ancora fortemente significativa, sia per i contenuti iconografici sia per i forti richiami pastorali.

Interpretando con ordine la rappresentazione, osserviamo l’acqua che sgorga copiosa da una roccia e i simboli dell'Alfa e dell'Omega.

L'acqua benedetta richiama il dono dello Spirito Santo, versata per tre volte sulla testa dei bambini, mentre si pronunciano le parole: “io ti battezzo nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo”, lava l'orribile macchia del peccato originale.

L'acqua benedetta per tutti noi adulti è sorgente di una continua purificazione, non solo da questo peccato, ma anche da tutti gli altri peccati compiuti fino al momento attuale, permettendoci così di rinascere ad una “vita nuova” e di appartenere alla vita stessa di Dio come suoi figli.

Pensando ad alcune scritture dell’Antico Testamento, come ad esempio l’episodio del diluvio universale, possiamo vedere come l’acqua ha spazzato via tutta la cattiveria del popolo e ha donato, a tutti gli uomini, la possibilità di convertirsi, rinascendo ad una nuova umanità.
Anche gli Israeliti, quando attraversarono il Mar Rosso, abbandonando la schiavitù egiziana, sopravvissero grazie all’acqua che uscì da una roccia.
Gesù stesso, per compiere la sua missione, morire e risorgere, si è fatto battezzare nel Giordano da Giovanni.

Secondo Matteo, dopo aver ricevuto il battesimo, Gesù tornò sulla terra ferma, a quel punto i cieli si aprirono, Giovanni, e solo Giovanni, vidde scendere su Gesù lo Spirito Santo in forma di colomba. Dal cielo una voce disse: "Questo è il mio figlio diletto, nel quale mi sono compiaciuto".

L'acqua della fonte battesimale è l'acqua attraverso la quale si entra nel mondo della cristianità. L’acqua del battesimo è fonte di vita, miracolo e salvezza. Il battesimo, attraverso l’acqua, dona al battezzato il miracolo della cristianità. Il battesimo fonda la vita sui valori e non sui peccati.

Una riflessione personale: ai battezzati è proibito restare alla finestra a guardare la processione degli eventi che passano.

L’incarnazione di Cristo, in cui crediamo, ci obbliga a scendere in strada, ad essere disponibili per la Chiesa, usando le nostre mani e l'intelletto per rendere più abitabile la terra.

Inoltre, l'acqua la troviamo raccolta nell'ampolla che è posta all'ingresso della chiesa. L’Acqua Santa penitenziale.

L'acqua rappresentata nella vetrata è l'acqua pura e limpida che sgorga alla fresca luce del giorno, come quella delle nostre sorgenti, è l'acqua raccolta nella conchiglia della fonte penitenziale che segna il nostro ingresso nella chiesa, l'inizio di ogni rapporto con Dio.

I simboli dell’Alfa e dell’Omega sono la prima e l’ultima lettera dell’alfabeto greco: associate all'inizio e fine di ogni esistenza.
Egli è il principio e la fine, "Io sono l'Alfa e l'Omega" dice il Signore Dio, "colui che è, che era e che viene, l'Onnipotente". Colui che era prima di ogni altra cosa e che esisterà quando ogni altra cosa sarà giunta alla sua fine.
Tutte le cose sono da Lui ed in vista di Lui. Egli è l’Onnipotente, l’Eterno e l’Immutabile.

“Poiché in lui sono state create tutte le cose che sono nei cieli e sulla terra, le visibili e le invisibili: troni, signorie, principati, potenze; tutte le cose sono state create per mezzo di Lui e in vista di Lui”.

Anche in chiave ambientalista e con l’occhio attento alle sorti del Creato, l’acqua è il bene essenziale comune a tutti gli uomini. Acqua purificatrice bene prezioso che disseta ogni popolo: europeo, asiatico, africano, americano e dell'oceania.

Un Giordano che idealmente bagna, ristora ed unisce ogni nazione ed ogni continente. L’acqua che pulisce, lava e purifica i nostri peccati. L’acqua miracolosa che ha lavato la macchia del peccato originale che ha afflitto l’umanità.

"Commento predisposto dalla Commissione Culturale - V. Papetti"

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