Homepage | Nascita del Convento | Lapidi e gli ex voto | La nuova chiesa | Mutamenti territoriali | La festa nella Storia |
Il convento della Madonna della Neve, è sempre stato un complesso residenziale, in grado di accogliere una comunità di religiosi, assolvendo egregiamente al compito di essere abitazione e chiesa.
Ovviamente, all'interno del convento si svolgeva una vita sociale e di relazione molto complessa, sia perchè le comunità erano molto numerose, sia per la composizione stessa degli individui, con problematiche personali e culturali diverse.
Nella sostanza, tutti dovevano essere ospitati nel migliore dei modi e nel rispetto della regola comunitaria.
All'epoca della fondazione, il convento appariva come un'oasi, isolata in un territorio prevalentemente povero di risorse e degradato socialmente, a volte anche ostile: non dimentichiamo che in ciociaria e nel Lazio era presente il fenomeno del brigantaggio.
Per garantire la convivenza e la sicurezza della comunità dei religiosi, il convento della Madonna della Neve: originariamente Istituto della Sacra Famiglia, è stato progettato con un'ampia dotazione di servizi ed accessori in grado di favorire le varie esigenze.
Il complesso storico è stato ideato come l'insieme dei luoghi per il riposo e la preghiera. Dovendo ospitare una comunità, spesso formata anche da bambini e giovani, è stato necessario arricchirlo con numerosi ambienti di supporto: la cucina, i refettori e la lavanderia che occupavano ampi spazi. Per la manutenzione minuta doveva essere presente anche una sorta di falegnameria.
Al suo interno esisteva un podere agricolo, cinto con mura, nel quale trovava spazio una peschiera, un piccolo giardino con l'orto, piccole stalle, porcilaie e pollai.
Il vigneto e piccoli frutteti completavano ed integravano le esigenze alimentari della comunità. Le cantine, le dispense e le rimesse per gli attrezzi erano prevalentemente ubicate al piano terra oppure negli scantinati.
Documenti di archivio riportano che il muro di cinta, il giardino conventuale e gli orti per i religiosi, unitamente alla clausura, furono realizzati nel 1735. Per la realizzazione di queste infrastrutture fu necessario contrarre numerosi debiti; una quota dei debiti fu assunta dal canonico D. Andrea Celori di Giuliano di Roma, che in seguito rinunciò a pretendere l'intera restituzione.
Più in generale, sotto l'aspetto storico, la realizzazione dei conventi si è affermata dopo l'epoca delle abbazie.
Opportune analisi architettoniche consentono di decifrare le mutate esigenze di queste nuove comunità di religiosi, che preferivano complessi edilizi generalmente di dimensioni più modeste, meno impegnativi e con funzioni quasi esclusivamente residenziali.
Alla fine del Medioevo, quando ormai erano venute meno le esigenze di autodifesa per le invasioni barbariche, nel nuovo quadro sociale che si andava imponendo, non era più necessario progettare e realizzare strutture per religiosi con le caratteristiche della grande azienda agricola, capaci di imporsi come il centro di una comunità rurale e polo della vita intellettuale: scelta tipica delle abbazie di Casamari e di Fossanova che in ciociaria rappresentano gli esempi architettonici più illuminanti.
Del resto, lo stile di vita delle abbazie, come quelle ciociare, traevano origine dal concetto urbanistico derivato dalla villa romana: una unità abitativa completamente autonoma capace di interfacciarsi in modo assiduo e partecipe con il territorio.
Peraltro, le comunità dei religiosi che abitavano i conventi, non avevano neanche la pretesa di diventare e sostituire i grandi centri intellettuali e culturali emersi nelle abbazie.
I conventi, volutamente semplici, non sono mai stati dei centri completamente autonomi e adatti alla vita contemplativa.
Pur essendo facilmente codificate come delle vere e proprie strutture autonome, nella realtà sono sempre state delle unità flessibili, aperte alla componente laica e civile, mantenendo comunque garanzie di riservatezza e la possibilità della contemplazione.
Nella sostanza, il convento è sempre stato un luogo nuovo capace di integrare laici e clero.
In questa ottica, il convento della Madonna della Neve, recentemente ricostruito con un plastico storico, ha assolto, nel tempo, il compito di traghettare nell'epoca moderna, la comunità degli Agostiniani Scalzi.
La prima pietra del convento venne posata il 10 aprile 1689. Alla cerimonia presiedette il Superiore Provinciale P. Simeone di S. Croce, uomo di dottrina e di virtù, Mons. Grimaldi, governatore di Frosinone e preside delle Province di Campagna e Marittima: ovvero il futuro cardinale Clemente XI.
Per la costruzione vennero raccolti 1250 scudi offerti dai religiosi e dai fedeli.
L'inizio del secolo XVIII vedeva folle numerose di pellegrini affluire al Santuario e se quei fedeli trovavano una bella chiesa e una comunità religiosa disposta all'accoglienza, non altrettanto si poteva dire dei luoghi circostanti.
Non c'era ad esempio una strada adeguata al passaggio dei pellegrini dalla consolare Casilina al Santuario.
I religiosi pensarono di far costruire un ponte sul "fiume Rivo", ma la proposta non ebbe seguito.
Però una delibera del consiglio comunale e la cessione dei terreni da parte dei proprietari consentì di tagliare una strada in linea retta con il portone d'ingresso del convento fino alla Via Casilina, l'attuale Via Madonna della Neve.
La strada fu costruita nel 1704, con il contributo di trenta scudi, offerti dal comune, la restante porzione fu versata dai religiosi.
Per comprendere l'importanza del santuario, non solo fu chiamata Via Madonna della Neve, la nuova strada, ma anche tutto il tratto di Via Vado del Tufo, fino all'incrocio con via A. Fabi. Anche il "Rivo" venne denominato: "Fosso Madonna della Neve".
Le esigenze dei pellegrini richiedevano molta acqua corrente e il pozzo degli agostiniani era insufficiente a sostenerne i bisogni, nel 1708 la generosità della famiglia Molella di Alatri permise di realizzare la costruzione di una condotta idrica che dal "Laghetto" portava acqua al convento ed alla fontana ubicata nella piazza.
L'ampio prospetto del convento, con diversi ordini di finestre, la fontana del De Carolis e la cerchia delle case, hanno sempre dettato le regole per lo sviluppo urbanistico del quartiere. Purtroppo, qualche discutibile costruzione, approvata da una amministrazione comunale, volutamente distratta, ha stravolto in tempi recenti la vecchia e preziosa condizione urbanistica del quartiere.
Anche il Santuario ha vissuto momenti poco felici, caratterizzati da distruzioni e vandalismi.
Durante la guerra di successione spagnola (1701-1713) vi stanziarono i soldati austriaci, che erano accampati nel nostro territorio. Durante la guerra di successione polacca (1733-1738) passarono i soldati spagnoli che arrecarono dei danni, in parte risarciti. Altri soldati spagnoli nella guerra di successione austriaca (1740-1748) occuparono ancora il convento.
Ben più grave fu l'occupazione dei rivoluzionari francesi. Nel 1798, in occasione della sanguinosa repressione fatta esplodere dai frusinati il 26 luglio, anche la chiesa Madonna della Neve fu saccheggiata e spogliata di tutto.
In tempi più recenti, il convento, ha subito una lunga serie di interventi strutturali ed urbanistici che ne hanno modificato l'aspetto e impoverito il pregio architettonico.
E' stata demolita la vecchia chiesetta seicentesca, lasciata degradare e in parte bombardata, e ricostruita, su base progettuale completamente nuova, una diversa chiesa di minore interesse architettonico.
Altri interventi strutturali sono stati eseguiti modificando diversi ambienti interni ed esterni. Durante la costruzione della nuova chiesa, in via temporanea, per offrire la messa ai fedeli venne modificato tutto l'ambiente delle cucine e del refettorio, accorpando tutti i locali, per ricavarne una navata, oggi utilizzata come sala di rappresentanza, espositiva e piccolo teatro.
Le conseguenze sono state nefaste per la struttura, sotto l'aspetto statico, con il fondato timori di irreparabili crolli, fortunatamente arginati.
Per le esigenze abitative della comunità dei religiosi anche tutti gli ambienti personali sono stati riadattati e modificati, mentre al secondo piano sono state demolite tutte le volte, in parte bombardate durante l'ultimo conflitto e sostituite con solai correnti.
Non ultimo, il danno più grave subito dal complesso monastico, a testimonianza del disinteresse generale delle amministrazioni e degli stessi agostiniani, è stato arrecato con la realizzazione del primo tratto del collegamento viario fra Sora e Frosinone, conseguente alla realizzazione dell'allora famosa "Autostrada del Sole".
La grande area cortilizia annessa al convento, con gli orti, la peschiera e i giardini, venne quasi completamente espropriata per la realizzazione di uno svincolo viario, che ha snaturato l'intero impianto urbanistico del vecchio convento.
Si è persa la vecchia peschiera, scolpita in pietra arenaria locale, con relativo impianto per l'adduzione idrica dalle vicine "Fonti De Carolis" realizzato con rare tubazioni in cotto. Le stesse servitù che consentivano l'approvvigionamento dell'acqua sono oggi trascurate.
Sono andate perdute anche le vecchie porte monumentali, pervenuteci solo attraverso alcune foto del 24/05/1933, sempre scolpite in pietra locale, che caratterizzavano gli ingressi carrai.
All'epoca, il quartiere Madonna della Neve, costituiva la periferia cittadina, poco urbanizzata e con molti terreni agricoli, anche incolti, che potevano essere utilizzati per la realizzazione dello svincolo stradale.
Bastava spostare il tutto di poche centinaia di metri, nella direzione di Alatri per salvaguardare l'integrità urbanistica di un edificio storico, unico nel suo genere nel territorio frusinate, evitando, peraltro, tutte le attuali problematiche connesse al traffico veicolare che soffocano la vita dell'intero quartiere.
La totalità degli interventi apportati al convento hanno solo prodotto danni patrimoniali, sociali ed architettonici.
La comunità dei religiosi e dei laici, contribuiscono al mantenimento della struttura, delle tradizioni e degli insegnamenti che ne possono derivare per le future generazioni.
Oggi molte di queste strutture conventuali, come quello della Madonna della Neve, rappresentano ancora dei baluardi per la cristianità, altri sono rimasti vuoti, a causa delle crescenti crisi di vocazioni religiose.
Quelli che restano abbandonati spesso vengono alienati e trasformati in residenze private o strutture alberghiere.
Talvolta sono gli stessi ordini sacerdotali che si fanno carico della riconversione: operazione non complicatissima dal punto di vista edilizio, dal momento che si tratta di edifici pensati per l'uso collettivo e molto redditizia sul piano economico, se si tiene conto della crescita del flusso turistico.
Alcuni vengono utilizzati per ritiri spirituali e per convegni, trattandosi di ambienti ragionevolmente confortevoli, ubicati nel centro delle città e per le condizioni economiche vantaggiose rispetto ai prezzi di mercato correnti.
Comunque se restaurati con cura, restano come i luoghi dello spirito, testimoni viventi di una storia e di una cultura appartenente a tutta l’umanità. Soprattutto testimoni della storia dell’uomo e della ricerca di se stesso.
Invece chi ama sostare nei conventi ancora consacrati spesso ricerca una religiosità più autentica, cerca di trovare il senso della propria vita, lontano da una realtà sempre più frenetica e assoggettata alla velocità e alla dispersione dei grandi valori. In questi ambienti si apprezza la quiete, l'architettura e il senso di spiritualità che sembra scaturire dalle stesse pietre.
Il "pellegrino" dell'era moderna cerca una pausa alla sua religiosità bloccata e cristallizzata dalla ripetitività del rito e della preghiera domenicale.
Per questo tende ad isolarsi dalla società odierna votata a corse sfrenate, dimenticando i fumi delle macchine che si accalcano ogni giorno ai semafori.
In questo mondo sempre più caotico i luoghi del silenzio più ricercati restano le certose, i monasteri e le abbazie dove è più facile ascoltare la voce di Dio e ritrovare se stessi.