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La festa della Madonna
Le due "fiere", quella della Madonna della Neve del 5 agosto e quella di santa Fausta, nell'ultima domenica di ottobre, hanno origine molto remota, non facilmente databile, perchè manca la documentazione relativa alle vecchie concessioni governative. Il ciclo delle "fiere", con data certa, è ricavabile dal resoconto del gonfaloniere Renna redatto nel 1820 e rinvenuto presso l'Archivio di Stato di Frosinone, che traccia un bilancio delle fiere e dei mercati che si svolgevano nella Provincia. Il documento fà risalire la fiera della Madonna della Neve fin dal 1690, mentre data quella di santa Fausta al 1689, sulla base delle rispettive concessioni governative certe.
Nel documento viene riferito che le due "fiere" che si svolgevano nel quartiere Madonna della Neve erano ragguardevoli e potevano durare diversi giorni, prima e dopo le relative feste.
Generalmente, come avviene anche oggi la "fiera"di santa Fausta che si svolge alle porte dell'inverno è la più grande per motivazioni abbastanza intuibili: i nostri nonni, aspettavano questa occasione per fare provviste e acquisti, per superare i lunghi mesi freddi.
Alla fine di ottobre si scambiavano le sementi, si mettevano a dimora alcune alberature, servivano attrezzi nuovi per le arature e le potature, si acquistava il maiale, che così aveva il tempo necessario per incrementare il suo peso, tanto era prezioso per tutta la famiglia. Si faceva provvista di "capponi" e tacchini per il Natale, si provvedeva al rinnovo del guardaroba, acquistando indumenti e scarpe più adatti alla stagione fredda.
Le "fiere", erano e restano dei grandi raduni di mercanti ed acquirenti ed hanno sempre avuto il loro punto di forza nello spazio semicircolare della piazza, delimitata da una cerchia di basse botteghe, dalla chiesa e dal convento. La fontana del De Carolis appariva come una piccola oasi fresca che, per l'occasione, dissetava uomini e animali.
La planimetria evidenzia perfettamente lo stato dei luoghi che, in definitiva, non appare molto diverso da quello odierno, fatta qualche dovuta eccezione. E' evidente la posizione della vecchia chiesa e del convento, la cerchia di un numero imprecisato di botteghe basse, che definivano l'ampia esedra dentro la quale si svolgevano le attività sociali e di piazza.
Delle botteghe ne sono state censite, con certezza una sessantina, di cui si conoscono anche i nomi di proprietari, ma il numero esatto non si conosce, quelle certe si ricavano da una "perizia" dei danni ad esse arrecati in occasione della "Giostra della bufala", ma l'elenco appare parziale sebbene riferito alle botteghe ubicate nella piazza.
La fontana posta al centro della cavea scandiva la skyline architettonica del vuoto della piazza, colmandolo con il suo elegante profilo architettonico, caratterizzandone i vuoti e i pieni con rara eleganza. Doveva essere un raro piacere per l'occhio dei nostri nonni coglierne l'interezza delle forme.
La piazza rappresenta il punto di arrivo per le diverse strade che vi confluivano: la Via Madonna della Neve, la Via Tiburtina per Alatri e per il centro cittadino e la via per il Rione Colle Cottorino. Tangente all'intero impianto urbano: il Rio Cavariccio.
La semplice ma elegante urbanistica della piazza calamitava le grandi adunanze dei mercanti che avevano un solo obiettivo: esporre la propria mercanzia al centro dell'evento, per meglio influenzare le scelte degli acquirenti.
I padri agostiniani sapevano che era importante per i commercianti vendere a ridosso della chiesa e nell'area della piazza, per questo motivo pretendevano un"piazzatico", una sorta di tassa per l'occupazione del suolo, da versare al convento. La tassa era più alta in prossimità della chiesa e decresceva per le mercanzie esposte più lontano.
Una serie di documenti, facili da consultare presso l'Archivio di Stato di Frosinone, fanno risalire la corresponsione del "piazzatico" al 1688. Però, come tutte la tasse e le gabelle, il "piazzatico" non era ben accettato dai mercanti e, in diverse circostanze, venne contestato il "dritto" degli agostiniani a pretenderlo, con le conseguenti abolizioni e restaurazioni.
Per esempio il"dritto" venne perso "Venuti li Francesi nel 1810, ed espulsi li Religiosi da quel Convento...". Successivamente veniva preteso dalla Pubblica Amministrazione e anche da privati.
Il"dritto del piazzatico" sollevò accese dispute, nelle quali, come parte in causa, gli agostiniani entrarono spesso in disputa con le autorità cittadine e, quando non riuscivano ad avere solleciti interventi, non disdegnavano il ricorso all'interessamento del Papa.
La paziente lettura di alcuni dei documenti fra i più significativi del tempo, aiuta a comprendere le vicende sociali e storiche che tanto appassionavano i nostri lontani progenitori.