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Con il tempo, la devozione alla Madonna della Neve si accrebbe e varcò i confini delle due province dello Stato Pontificio: "Campagna e Marittima" diffondendosi anche in terre più lontane.
Soprattutto si sparse la fama dei singolari prodigi che avvenivano davanti all'Immagine e per l'intercessione della Madonna.
La devozione di personaggi illustri, fra cui i papi Clemente X e Benedetto XIII, portarono anche in Vaticano l'eco di ciò che avveniva a Frosinone.
Forse anche per questo fu decretato dal Capitolo di san Pietro in Vaticano di incoronare l'immagine con una solenne cerimonia.
Bisogna qui spiegare l'uso e l'origine di questa usanza e la riportiamo con le stesse parole di Padre Pio Bianchi, primo storiografo del Santuario: «Il santo e lodevole costume d'incoronare le prodigiose immagini di Maria ha origine dalla singolare pietà e devozione che professava verso la medesima il Conte Alessandro Sforza, piacentino.
Questi in testimonio dell'affetto e venerazione che nutriva verso la gran Madre di Dio, nell'anno 1636, con sua testamentaria disposizione lasciò al Rev.mo Capitolo Vaticano un fondo di 71 "luoghi di Monte" a solo fine che con i frutti di essi se ne formassero tante corone d'oro, con le quali si adornasse il capo delle Immagini più miracolose di Maria che si venerano in Roma.
Quando poi, in progresso di tempo, come è avvenuto, le più celebri che sono in Roma fossero coronate, allora il medesimo Capitolo coronasse anche le più celebri e maggiormente venerate fuori Roma».
Che cosa erano i "luoghi di monte" e come ebbero origine? La disastrosa situazione finanziaria dello Stato Pontificio e la impossibilità di mettere nuove tasse indussero papa Clemente VII nel 1526 ad istituire un debito pubblico che prese nome di "monte" e le relative obbligazioni furono chiamate "luoghi".
I luoghi di monte potevano essere "vacabili" cioè non trasferibili per successione e "non vacabili o perpetui" cioè trasferibili agli eredi.
I monti a loro volta potevano essere, in base alle autorità che li erigevano, camerali, comunitativi o baronali.
Essi assunsero vari nomi derivanti o dal nome del pontefice (monte Giulio, monte Sisto ecc.); o dalla causa per cui venivano eretti (monte della fede); o dai redditi assegnatigli (monte Allumiere, monte del sale, monte del macinato); o, quando erano comunitativi, dai nomi delle comunità (monte Zagarolo, monte Sermoneta); o, infine, quando erano baronali, dai nomi delle famiglie in favore delle quali erano eretti (monte Savelli, monte Colonna ed altri). Il primo monte istituito da Clemente VII prese il nome di "monte della fede".
Evidentemente l'immagine venerata a Frosinone col titolo della Madonna della Neve doveva essere una delle più insigni se fu inserita tra quelle degne di ricevere così grande riconoscimento, con la rendita del "monte".
Il 31 maggio dell'anno 1694, lunedì dopo la festa di Pentecoste, con l'approvazione del Papa Innocenzo XI, fu stabilito di procedere alla solenne incoronazione.
Fu mandato da Roma a presiedere la cerimonia Mons. Marciani e alla presenza del governatore Mons. Giuseppe Spinelli Caraccioli, di suo nipote Marchese di Laino, del magistrato di Frosinone con numerose milizie, con la partecipazione di molti ecclesiastici sia secolari che regolari e di numerosissimo popolo, il suddetto prelato benedisse le due corone d'oro che erano state poste sopra un maestoso altare allestito fuori della chiesa.
La cerimonia seguì tutti gli usi che in quel tempo creavano solennità: un coro scelto, accompagnato da vari strumenti, cantò le più belle antifone mariane; sempre cantando le lodi alla Vergine si snodò la processione con le due corone d'oro fin dentro la chiesa, dove il Prelato celebrò la S. Messa.
Alla fine, e dopo il canto del Magnificat e delle Litanie, fu incoronata la prodigiosa Immagine della Vergine e del Bambino, mentre le campane suonavano a festa e le truppe schierate iniziavano una nutrita batteria di fucileria a salve.
Per ricordare l'avvenimento fu posta al lato destro dell'altare una iscrizione.
La lapide riporta gli eventi legati alla prima incoronazione dell’immagine della Madonna.
ICON
BEATISSIMAE VIRGINIS MARIAE AD NIVES
QUAE IN HAC ECCLESIA SPECTATUR
NON TANTUM FIDELIUM VENERATIONE
ET FREQUENTIA
QUAM MIRACULORUM CELEBRITATE
AC MAGNITUDINE
INSIGNIS
AB ILL.MO ET REV.MO CAPITULO
BASILICAE S. PETRI IN VATICANO
SOLEMNI POMPA
FINITIMORUMQUE POPULORUM
MIRO PLAUDENTE COETU
AUREA CORONA DECORATA FUIT
FERIA II POST DOMINICAM PENTECOSTES ANNO DOMINI MDCLXXXXIV
L’immagine / della Beatissima Vergine Maria della Neve / che si vede in questa chiesa / non solo per la venerazione dei fedeli / e per la folla che vi accorre / ma per la fama dei miracoli / e per la grandezza di essi / insigne / dall’ill.mo e Rev.mo Capitolo / della basilica di S. Pietro in Vaticano / con solenne pompa / e con la partecipazione meravigliata / delle vicine popolazioni / fu incoronata di corona d’oro / il lunedì dopo Pentecoste / nell’anno del Signore 1694.
Purtroppo e più di una volta, anche il Santuario della Madonna della Neve, come tanti altri luoghi sacri, ricchi di memorie e di oggetti preziosi, dono della devozione di tanti pii fedeli, fu profanato dalla mano di ladri sacrileghi.
L'ubicazione del Santuario stesso, al lato di una strada abbastanza frequentata, avrebbe dovuto scoraggiare simili gesta, ed invece rese forse più facile l'iniquo atto.
Un primo furto avvenne il 31 ottobre 1859. Furono asportate anzitutto le preziose corone d'oro con cui l'Immagine era stata incoronata la prima volta il 31 maggio 1694.
Insieme alle corone sparirono anche tutti gli altri oggetti che la devozione e la riconoscenza dei fedeli avevano donato alla Madonna nel corso degli anni, adornandone la nicchia.
I ladri non furono mai scoperti e neppure si trovò la refurtiva. Ma i devoti, pur profondamente addolorati per questo gravissimo atto, non vollero far passare neppure due mesi. Furono gli abitanti di Frosinone che con offerte spontanee rinnovarono le due corone ed abbellirono con altri doni la sacra Immagine.
Così l’8 dicembre dello stesso anno, davanti ad una folla numerosissima di fedeli, l'immagine fu di nuovo incoronata.
Presiedette la solenne cerimonia il vescovo di Veroli Mons. Fausto Maurizi e vi presenziarono tutte le autorità locali, dal delegato apostolico Mons. Ferdinando Scapitta alle autorità governative, municipali e giudiziarie.
Erano presenti gran parte del clero diocesano e i religiosi Agostiniani Scalzi.
Il Vescovo dopo il canto dell'inno Ave Maria Stella procedette alla benedizione delle corone e quindi alla nuova incoronazione. Al canto finale del Te Deum succedette una grande ovazione di popolo, mentre le campane di tutta la città suonarono a festa, accompagnate dalla musica e dai “mortaretti”.
Volle essere presente anche il vescovo di Alatri Mons. Gaetano Rodilossi.
Purtroppo, non fu quello del 1859 l'ultimo furto perpetrato nel Santuario. Nella notte del 18 gennaio 1912 ancora una volta i ladri profanarono e derubarono il tempio.
Nel Santuario si celebrava, e si celebra ancora, con solennità la festa di Sant’Antonio Abate. A quel tempo esisteva una fiorente confraternita di Sant'Antonio che per molti anni ancora sarà attiva nella parrocchia.
Ebbene, quella sera alcuni fratelli della Pia unione si erano intrattenuti con Padre Tommaso Pagano, priore della casa e custode del Santuario, per fare il rendiconto della festa del loro santo patrono.
Evidentemente ai ladri non erano sfuggite le operazioni del conteggio delle elemosine e fiduciosi di trovare chissà quale somma di denaro, di notte penetrarono nella chiesa.
Sfondata la porta principale della chiesa, misero sottosopra tutta la sacrestia ma, non trovando nulla, tornarono in chiesa facendo man bassa di tutto ciò che poteva avere valore.
Allora l'affresco era protetto da un cristallo e da una tendina. I ladri tirarono da una parte la tendina e rotto il vetro rubarono ancora una volta le due corone che ornavano il capo della Vergine e del Bambino insieme ad altri oggetti preziosi che adornavano l'Immagine.
Di nuovo lo stupore e lo sgomento dei fedeli furono immensi ed anche allora ci fu una gara per riparare subito l'atto sacrilego con il dono di una terza corona.
La nuova corona d'oro per la Madonna e d'argento per il Bambino fu offerta dalla generosità di Alessandro Kambo, illustre cittadino frusinate, la cerimonia della nuova incoronazione fu compiuta il 5 maggio 1912 dal vescovo diocesano Mons. Luigi Fantozzi.
È superfluo dire che anche in questa circostanza si distinse l'opera instancabile dei Padri Agostiniani Scalzi e soprattutto la grande generosità del popolo che accorse numerosissimo contribuendo alla grandiosità della cerimonia.
A questa cerimonia, il popolo si era preparato con un triduo di riparazione predicato da P. Fulgenzo M. Sgariglia, agostiniano scalzo. Il giorno della incoronazione era presente il Rev.mo P. Generale degli Agostiniani Scalzi, P. Pietro Brugnoli e tutto il capitolo della Collegiata di Frosinone.
Il cronista ci tiene a precisare come ancora una volta «un immenso popolo con insolito entusiasmo e con sentita devozione accorse al Santuario ed è impossibile ridire con quali voci vibranti di affetto verso la dolce Maria, a Lei sciogliesse inni sacri di lode e vivamente l'acclamasse, spesso ripetendo: Evviva Maria».
Come già per altre felici circostanze fu eretta una lapide marmorea con iscrizione che ricorda i due furti e le due successive incoronazioni.
La lapide riporta gli eventi legati alla seconda e terza incoronazione dell’immagine della Madonna.
QUOD
VENERANDA IMAGO B.M.V. A NIVE
BIS ETIAM ALTERA EX AURO
SUMMA FRUSINATUM RELIGIONE AC PLAUSU
FAUSTE REDIMITA FUERIT
PRIMUM
DIE VII DECEMBRIS ANNI MDCCCLIX
AB ILL.MO ET REV.MO D. FORTUNATO MAURIZI
VERULARUM EPISCOPO
ITERUMQUE
ALEXANDRI KAMBO MUNIFICENTIA
DIE V MAJI ANNI DOMINI MCMXII
AB ILL.MO ET REV.MO D. ALOISIO FANTOZZI
ITEM VERULARUM EPISCOPO
NE TANTAE PIETATIS MEMORIA PEREAT
AUGUSTINIANI EXCALCEATI POSUERE
ANNO MCMXXXI
Poichè / la venerata immagine della Madonna della Neve / Dopo che per due volte da mani sacrileghe fu asportata la corona / per due volte con un’altra d’oro / per la grande fede e il plauso dei Frusinati / fu incoronata solennemente / prima / il giorno 8 dicembre dell’anno 1859 / dall’ill.mo e Rev.mo Fortunato Maurizi / Vescovo di Veroli / e poi / per la munificienza di Alessandro Kambo / dall’ill.mo e Rev.mo Luigi Fantozzi / anche lui vescovo di Veroli / perché non si perda la memoria di tanta pietà / gli Agostiniani Scalzi posero / nell’anno 1931.
Altri tentativi di furto furono ancora perpetrati verso la sacra Immagine di Maria, fortunatamente andati a vuoto.
Verso le due e mezzo di notte del 17 marzo 1916 alcuni ladri avevano già sfondato la porta e stavano per entrare in chiesa quando furono sorpresi e disturbati da un certo Angelo Antonio Turriziani che a quell'ora stava tornando dalla città verso casa sua. I ladri preferirono abbandonare tutto e fuggire.
In tempi più recenti, nel 1972, altri ladri sono entrati in convento asportando fra l'altro una cassetta con numerosi oggetti d'oro, dono dei fedeli alla Madonna e a S. Rita, di cui i frusinati sono molto devoti.
Inspiegabilmente tutta la cassetta fu ritrovata molto lontano, in una chiesa di Settecamini di Guidonia, dietro segnalazione di una telefonata anonima.
Non si può non pensare, riflettendo sui fatti ora narrati, come il Signore sa cavare il bene anche dalle azioni più malvagie. I due furti sacrileghi sono certamente gesti gravissimi degni di esecrazione, ma da questi sono spuntate fuori la generosità e la devozione del popolo con tanta fede e passione che certamente non sarebbe esplosa in circostanze normali.
Forse le cerimonie solenni delle successive incoronazioni hanno contribuito a mantenere viva la devozione verso il Santuario e l'immagine della Madonna della Neve.