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Le antiche storie parlano della produzione della carta, del pellame conciato e del frumento macinato.
Storie di antiche tecnologie... di fatica e sudore
ma anche di inquinamento e malattie.
Iniziamo con l'affermare che l'antico "Fiume Acquosa" nasce da due sorgenti: Capo Cosa, ubicata a 1185 m. e Caporelle a quota 934 m. che scaturiscono dal monte “La Monna” della catena dei Monti Ernici; una cima fra le più care del nostro paesaggio appenninico che bene si può ammirare recandosi in visita all’Abbazia di Trisulti. Entrambi i rami sorgivi del Cosa ricadono nel territorio di Guarcino.
Nelle vecchie mappe "catastali" e nei documenti d'archivio ufficiali, redatti intorno alla metà del 1800, il fiume è denominato "Acquosa". Dopo tale periodo, con il trascorrere del tempo, la denominazione è stata gradualmente sostituita dall'attuale nome: Fiume Cosa; ormai entrato nell'uso comune.
Il vecchio termine "Acquosa" è sinonimo di grande abbondanza d'acqua: acqua che viene apportata dai ruscelli che scendono dalle strette gole dei Monti Ernici e quelle aggiunte dai molti "Fossi" lungo il tratto in pianura.
Le acque del fiume hanno origine sorgiva che deriva dal fenomeno del carsismo, tipico di Monti Ernici, come viene testimoniato dalle spettacolari Grotte dei Bambocci e dal Pozzo d'Antullo nel territorio di Collepardo e quelle minerali di profondità che scaturiscono nell'area guarcinate alle quali si aggiungono le acque superficiali di fusione, frutto dello scioglimento delle nevi.
Fra i numerosi affluenti ricordiamo i più importanti, la cui portata è garantita per tutto l'anno: il Rio Capocosa, il Rio Pozzotello, il Rio Caporelle e il Rio Cannariccio.
E' comunque noto che lungo il bacino idrografico del Fiume Cosa, in particolar modo nell'area frusinate, affiorano in superficie molte polle sorgive, le cui acque si riversano direttamente nel letto del fiume. Questo fenomeno ha sempre contribuito a mantenere alto il livello qualitativo e di purezza delle acque, perlomeno quando era ancora possibile utilizzarla per il consumo umano e domestico.
Purtroppo, la qualità di queste acque iniziò a degenerare già all'inizio dell'800 quando vennero sfruttate per sostenere la produzione delle cartiere, dei frantoi e dei mulini.
Le maggiori cause di inquinamento vennero prodotte dalla lavorazione della carta che necessitava di grandi vasche per la macerazione della cellulosa e per la lavorazione degli "stracci" che venivano preventivamente sfibrati a colpi di maglio e per il trattamento della paglia, dalla quale si ricavava carta di minore qualità.
A queste forme di inquinamento si aggiunse anche quello prodotto dagli opifici preposti alla concia del cuoio e del pellame.
Le ripercussioni per la salute pubblica furono devastanti, specialmente nella città di Frosinone. Secondo alcuni illustri pareri, l'inquinamento indotto dalla macerazione degli "stracci" e dei tessuti in disuso, causò il colera. Fra la sola popolazione di Frosinone vennero contate migliaia di persone.
Nel tratto iniziale del suo percorso, il fiume si insinua fra le strette e profonde vallate del territorio di Vico, Guarcino, Collepardo e di Alatri e risulta poco visibile. Quando la morfologia del terreno cambia, ovvero dopo Alatri e nel territorio di Frosinone, il letto del fiume diventa accessibile, le sponde si distanziano, le acque rallentano la loro corsa e diventano maggiormente fruibili.
La facilità di approvvigionamento dell'acqua, la facilità di abbeverare il bestiame e quella di irrigare e coltivare gli orti, sono stati gli elementi indispensabili nel sostenere lo sviluppo dei primi insediamenti umani lungo il corso del fiume, come viene testimoniato anche dai recenti ritrovamenti archeologici nel territorio di Frosinone.
Però è sbagliato credere che l'acqua del fiume sia stata utilizzata e sfruttata solo nella parte pianeggiante, dove era più facile costruire frantoi e mulini e, soprattutto, impiantare coltivazioni agricole.
In realtà, a pochi chilometri dalle sorgenti ubicate nel Comune di Guarcino, a partire dall'Eremo di Sant'Agnello e dalla Casa di Preghiera San Luca, lo sfruttamento dell'acqua e stato condotto alla massima potenzialità.
I salti di quota aumentavano l'energia idraulica e l'acqua accresceva la propria potenzialità nell'avviare i macchinari delle cartiere, le pale dei mulini e le turbine per la produzione dell'energia elettrica.
Le acque venivano deviate con la creazione di opportune rogge di derivazione e convogliate all'interno degli opifici; i nostri progenitori armonizzavano i fluidi flettendoli e piegandoli al volere della meccanica e dei rotori.
L'energia idraulica, capace di avviare le ruote e i rimandi dei frantoi e delle cartiere era gratuita, il legname per portare in pressione le caldaie era disponibile in grande quantità ed a buon prezzo, considerata l'assenza di regole per la salvaguardia dei boschi ed infine, ma non ultimo, la manodopera non costava molto.
Grazie a queste risorse, alla potenzialità degli impianti ed anche alla qualità dei prodotti, si ebbero favorevoli ricadute nel settore economico della provincia frusinate.
Le prime industrie favorirono la crescita economica delle famiglie ed ebbero una felice ricaduta anche per il territorio la cui economia si basava prevalentemente sull'agricoltura cerealicola, sulla produzione dell'olio e del vino, nonchè sulla pastorizia e i suoi derivati. Nella sostanza l'economia di tutta la popolazione della Valle del Sacco.
Un documento molto significativo, a tal proposito, è stato rinvenuto presso l'Archivio di Stato di Frosinone. Trattasi di un "elenco dei prezzi medi" dei prodotti che componevano "il paniere", come si usa affermare oggi, che nel primo decennio del 1800 consentiva di tracciare un'analisi economica della situazione dei prezzi e delle mercanzie prodotte a livello provinciale. Ebbene, nella tabella non figura alcun prodotto derivato dalla nascente industria, segno tangibile che tale tipologia di prodotti, se esistenti, non venivano neanche presi in considerazione per la determinazione della situazione economica del tempo. Situazione che cominciò a modificarsi nel periodo successivo.
Comunque, al processo industriale sono legati i nomi delle famiglie più influenti come i Piccardo, i Ceccacci, i Procaccianti, i Tomassi, i Filonardi, i Renna, i Campanari e di tante altre persone che ebbero l'intuizione di investire negli opifici, nei mulini e nelle concerie.
Nomi che emergono dalle testimonianze storiche custodite presso l'Archivio di Stato di Frosinone - nelle Cartelle della Delegazione Apostolica di Frosinone.
Centinaia sono i documenti a sostegno degli enormi benefici che derivarono al territorio della nostra provincia grazie alle potenzialità offerte dal fiume.
Anche altre oasi industriali contribuirono, alla crescita economica del nostro territorio: ricordiamo la produzione della seta che veniva effettuata a Veroli e quella del panno che veniva realizzato ad Alatri, tutti prodotti di alta qualità.
Proprio la qualità dei prodotti divenne la strategia vincente degli imprenditori dell'epoca.
La carta, ad esempio, veniva realizzata in molte tipologie e di diversa qualità, dalla più comune: la "cartapaglia" di grande utilità, anche se di poco pregio, a quella più sottile, delicata e leggera da destinare alle stamperie vaticane. Per non dimenticare i cartoni, cartoncini e le risme.
Per puro caso abbiamo notato, fra i documenti custoditi nell'ASFr, alcuni fogli di carta "griffati" con una timbratura a secco. Nel logo di forma ovale è visibile una "palomba" : un piccione, con la scritta: "Fiume Cosa".
Il "logo" voleva essere un elemento identificativo per gli utenti: "la carta palomba" ma, curiosamente e indirettamente, poteva rappresentare anche un omaggio al fiume, la cui acqua era tanto preziosa per la lavorazione della carta stessa.
Altro elemento curioso è rappresentato dall'ottimo stato di conservazione di questa "papabile carta palomba", che veniva realizzata con un "acconcio cilindro alla Francese", sono fogli ingialliti e fragili ma sembrano comunque in buono stato, ancora gradevoli al tatto e il deperimento generale che subisce la carta con il passare dei secoli, non sembra molto evidente. Una carta certamente di buona qualità, utilizzata negli uffici e negli studi professionali più importanti dell'epoca.
Ovviamente, dietro alle figure dei privati, non è mancato il sostegno e il supporto delle Istituzioni Camerali, degli Enti religiosi e delle Amministrazioni provinciali e comunali che hanno protetto e tutelato gli sforzi economici nell'avviamento delle industrie; capendo che sarebbero diventate l'asse portante dell'economia del tempo.
Ma non tutto contribuì a creare sviluppo e potenzialità economiche. L'inquinamento con le conseguenti ricadute sulla salute pubblica, le disfunzioni ambientali, l'interesse del particolare, anziché una corretta programmazione economica, impedirono un vero e proprio salto qualitativo dell'economia del tempo che non seppe reggere all'urto della modernità che avanzava. A partire dalla seconda metà del '900 la produzione cominciò a declinare, per estinguersi praticamente nel giro di un secolo, forse anche a causa delle guerre; sulla falsa riga di quanto ciclicamente è avvenuto in tutto il nostro territorio.
A sostegno di questa tesi, evidenziamo alcuni aspetti, fra i più curiosi, che sono emersi nella consultazione dei documenti d'archivio: le liti e le vertenze sorte per la "giusta" distribuzione dell'acqua del fiume, fra i diversi soggetti produttivi a sostegno delle diverse realtà economiche.
Gli interessi di spicco erano quelli che contrapponevano gli "industriali" proprietari delle cartiere, i "molinari" proprietari dei mulini e dei frantoi e gli "ortolani" proprietari delle coltivazioni agricole ed alimentari.
Tutte le vertenze venivano portate all'attenzione delle autorità locali e, spesso, raggiungevano i livelli più elevati del potere: i Cardinali e il Papa. Questo era possibile sia per la struttura piramidale del potere politico-religioso e sia per l'importanza che assumevano le questioni.
Tutte le liti, i ricorsi e le petizioni, che in qualche modo avevano attinenza con il fiume, avevano un unico denominatore comune: lo sfruttamento e l'utilizzazione dell'acqua.
ASFr - Cartella Delegazione Apostolica di Frosinone.
Frammento di una petizione, inoltrata alle autorità, dai mugnai delle Mole Franchi - Bisleti- Campanari, contro i contadini che sottraevano acqua al fiume per irrigare gli orti.
A tale proposito, pubblichiamo un documento, la cui lettura può apparire noiosa, nonostante la sintesi effettuata, ma che permette di capire i risvolti sociali ed economici che le acque del fiume avevano nell'economia reale del tempo.
La petizione di Giuseppe Papetti: I mugnai Vs i coloni e gli ortolani.
Il Sig. Giuseppe Papetti, mugnaio ed affittuario delle Mole Franchi - Bisleti - Campanari, ed altri proprietari di mole associati... "chiedono provvedimenti onde rimuovere gli abusi dei privati che derivano le acque dal fiume Cosa" e rendono "immacinanti le mole destinate al pubblico servizio..."
I mugnai si vedono costretti a reclamare la più "esatta e rigorosa esecuzione degli ordini dell'Eccellenza..." giacchè "la pubblica Forza, ed i guardiani comunali", probabilmente per i disagi nel camminare lungo il fiume non riescono ad individuare "le molte parate e deviamenti".
Nel testo della petizione viene rilevato che i guardiani si limitano a pochissime "contravenzioni" che restano inevase, "mentre appena la forza ha voltato le spalle tornano i coltivatori a ricostruire le parate stesse rimettendo i sassi rimossi, sicuri che per allora non sarebbero di nuovo molestati..."
Per risolvere a loro favore la petizione, i mugnai evidenziano alcune problematiche di carattere sociale: "Intanto i macinanti tumultuano e si lamentano con ragione per non poter molire"... " Soffrendo la fame e la perdita di più giornate, cosa che reca agli supplicanti grave discapito alle loro finanze".
Ovviamente, a sostegno delle loro ragioni, alla petizione venivano allegati ben due fogli con le firme "dei macinanti" stessi.
La richiesta di un pronto intervento delle autorità termina in questo modo: "Ciò stante si supplica l'Eccellenza... ad allontanare tali incorreggibili inconvenienti con permettere agli postulanti l'associamento alla Forza onde essi stessi possano indicare tutti i punti di derivazione, e disfare interamente le parate, mentre senza tale precauzione mai si raggiungerebbe lo scopo.
Per meglio comprendere anche le ragioni dei contadini, non dimentichiamo che nel sistema agricolo della Ciociaria era molto diffuso il "patto colonico", dove il proprietario della terra concedeva al colono un "terreno nudo", il più delle volte brullo ed incolto, con l'obbligo di coltivarlo ed eseguire migliorie, dietro corresponsione della metà, o un terzo, o i due quinti dei prodotti coltivati.
I coloni e i contadini hanno sempre fatto un lavoro duro. Faticoso. Sfibrante. I contadini avevano solo la zappa per la coltivazione dei loro campi. Stavano tutto il giorno con la schiena curva, tutti curvi e piegati per svolgere il loro duro lavoro. A sera, quando facevano ritorno alle loro case, ancora camminavano ricurvi, dimentichi dell'originaria postura.
Quindi ben capiamo anche le ragioni dei contadini e degli agricoltori nel protestare per la mancanza d'acqua, a fronte di un "dazio" così oneroso al quale erano sottomessi dai proprietari delle terre e dagli stessi proprietari degli opifici che, non di rado, detenevano anche vasti appezzamenti dati in concessione.
Con la proliferazione degli opifici, la questione assunse aspetti rocamboleschi e contrastanti, tipici del "teatro dell'assurdo". I continui ricorsi alle autorità, oggi possono farci sorridere, ma il dramma che si celava dietro agli eventi minacciava l'economia e l'esistenza di molte famiglie: da quelle più ricche a quelle più povere.
I proprietari delle mole litigavano con gli ortolani e i coloni perchè non potevano "molire" in quanto questi sottraevano illecitamente l'acqua dal fiume.
La popolazione protestava contro i mugnai, "paventando giorni di fame e carestia" perchè non riusciva a macinare il frumento in quanto i mulini restavano fermi per mancanza di forza motrice, dovuta alla carenza d'acqua.
I contadini produttori, inveivano contro tutti per la profonda limitazione nell'uso delle acque, sia perchè non potevano "molire" e sia perchè non potevano coltivare gli orti e, soprattutto, non potevano coltivare il granturco che, al pari del grano, costituiva la base alimentare del ceto più povero.
Peraltro, questi cereali, una volta portati alle mole per la macinazione, diventavano la ricchezza dei mugnai che, ingrati, cercavano di impedire le concessioni d'acqua agli agricoltori che li coltivavano, inviando continue petizioni alla autorità per ottenere "il rispetto delle regole".
Nella sostanza, tutti litigavano contro tutti e l'uso dell'elemento comune: l'acqua, generava una situazione sempre più caotica se a prevalere erano gli interessi e le ragioni degli uni sugli altri.
Evidentemente, la tanta acqua che veniva deviata per la produzione industriale ed agricola non bastava a sostenere le esigenze di tutti i soggetti economici. Il fiume, anche se denominato "Acquosa", non era sufficiente a soddisfare le esigenze di tutti, in una economia in rapida ascesa, specialmente nei periodi di "magra".
Gli interessi economici delle grandi famiglie, le esigenze della produzione industriale e le minacce di revocare il salario degli operai, alla fine prevalevano sugli interessi degli agricoltori che, pur vantando i medesimi diritti e doveri erano, forse, i meno rappresentativi ed anche i meno organizzati nel far prevalere le loro ragioni: Nulla di nuovo sotto il sole.
Ma, per meglio comprendere tutti gli aspetti della questione, rispetto ai fatti appena descritti, riportiamo il contenuto di una fitta relazione intercorsa fra i proprietari delle mole, le istituzioni e i contadini.
ASFr - Cartella Delegazione Apostolica di Frosinone.
Vari frammenti delle petizioni che caratterizzarono la vita pubblica cittadina
sulla questione dell'acqua del Fiume Acquosa.
Il carteggio è così articolato:
Petizione Renna - Parere tecnico - Provvedimento Delegazione Apostolica Acque - Pareri contrari
Premesse.
La protesta di Francesco Renna Vs i coloni e gli ortolani.
"Con chirografo di uno dei Sommi pontefici del secolo XVI, La Famiglia Filonardi ebbe il diritto privativo delle acque del Fiume Cosa, su cui fabbricò i Mulini di Frosinone.
L'ultimo discendente di quella famiglia Mons. Filonardi, Arcivescovo di Ferrara, vendeva quel diritto e quei mulini a Filippo Renna...
Ma insorta questione sulla esecuzione del contratto, caddero sotto amministrazione giudiziale, ove rimasero per oltre trent'anni.
Finalmente nel 1860 il ricorrente Francesco Renna nel suo proprio interesse ... redimeva quegli opifici dalla S. Congregazione di Propaganda Fide, erede proprietaria del lodato Arcivescovo.
Nell'intermedio dell'amministrazione ingenti abusi si sono introdotti a pregiudizio del libero corso delle acque...
... si verifica che lungo il corso del fiume e segnatamente nel territorio alatrino, si erigono delle palizzate di sassi ed altre opere per deviare l'acqua ad uso d'innaffiare i terreni adiacenti, in guisa che il fiume già per se stesso piccolo, diminuito nell'estate... viene a ridursi così povero di acque per le tante palizzate, da più non bastare alla macinazione completa in questa città.
Il danno non solo è privato, ma pubblico. E' privato perchè al ricorrente viene a mancare la cosa vendutagli, e per la quale corrisponde il Canone o tributo alla Camera Apostolica.
E' pubblico, perchè i cittadini sempre in aumento, ed ora coll'intervento della Militare guarnigione, non possono più regolarmente molire... e vanno soggetti a spese e disagi, col doverli portare fuori di territorio alle mole di altri... dove talune volte sono costretti a pernottare.
Le persone poi miserabili che non hanno mezzi... si veggono costretti ad attendere tre e quattro giorni prima di molire... ed intanto soffrono la fame per mancanza di alimento.
Il ricorrente supplica perchè si adotti un provvedimento ... che riguarda il danno pubblico...
Ma per ciò che spetta all'interesse privato fa egli osservare, che l'acque di un fiume sono del principe... concesse ad un privato, dietro canone... fedelmente corrisposto... mette il privato... nella posizione di allontanare quelle opere che offendono il suo diritto...
Ma il privato si trova nell'impotenza di agire contro i perturbatori, perchè... nel tempo dell'Amministrazione (Camerale) ... sono emanati editti... che permettono di deviare l'acqua dal letto del fiume; e dal giorno 30 luglio (di ogni anno) ...la deviazione è permessa nella sola notte del sabato.
Procede da ciò che in tutto il mese di luglio, mese di strema siccità, l'acqua è dispersa... e non giunge che scarsamente alle Mole, che rimangono... inattive.
E dopo questo mese, colla scusa della facoltà di deviazione concessa... si erigono palizzate che rimangono li più e più giorni, e fino a che non sono scoperte e distrutte... per poi ricostruirsi il sabato seguente, essendo impossibile perlustrare... per più e più miglia il corso del fiume... e porre guardie e cantonieri onde evitare le frodi e punirle.
E quando ciò si potesse mettere in pratica dal ricorrente... la spesa assorbirebbe la rendita delle Mole.
A ciò si aggiunge che per i bisogni pressanti della macinazione, l'Autorità ecclesiastica, e l'Amministrazione Comunale hanno permesso di molire di notte, ed anche nei dì festivi, onde è incomprensibile che nella notte del sabato si autorizzi dal Governo la deviazione delle acque.
Eccellenza! Il Governo Pontifico, che tanto ama i suoi sudditi e la giustizia, prenda un energico provvedimento... non permetta pregiudizio del ricorrente... garantito da concessione Sovrana... dietro tributo... l'uso e l'abuso del deviamento dell'acqua.
...Questo diritto... riconosciuto... dalla Sacra Congregazione delle Acque del 7 settembre 1828... si umilia... copia conforme.
Ma la indolenza e l'inerzia dell'Amministrazione Giudiziale che... entrò in possesso delle Mole, fu causa che gli abusi si rinnovassero... senza informare la superiorità dei diritti acquisiti dal proprietario Renna, tacque... al promulgarsi di altre notificazioni... che ledevano i diritti stessi... che oggi si reclama si.............sono tolti di mezzo."
Il ruolo delle autorità.
Accertamenti e Perizia sullo stato dei fatti.
"Dalla voluminosa posizione sul deviamento dell'acqua del Fiume Acquosa risulta che la Congregazione delle Acque con dispaccio 2 aprile 1828 avendo riconosciuto dalle giustificazioni esibite dall'Enfiteuta camerale dei molini... proibiva e vietava espressamente di deviarla e di fare qualunque sorta di parate sotto pena di scudi 10, e dei danni a favore dell'Enfiteuta.
...Gli ortolani di Alatri, adducendo senza provarla, un'antica consuetudine, dì 16 di 8bre dello stesso anno ottenevano dalla lodata Congregazione un temperamento di equità che permetteva ai Coltivatori lungo il fiume l'adacquarvi i terreni nei soli giorni Festivi, vietando però palizzate stabili, e tollerando soltanto quelle di sassi.
Da quell'epoca la posizione non presenta che un numero considerevole di reclami di tutti i proprietari delle Mole... per la continua deviazione delle acque, ed un alto numero ... di contravenzioni, di verbali, di multe inflitte e non pagate per povertà estrema dei contravventori...
...nonostante che la Delegazione abbia cercato... i modi di impedire gli abusi dei coltivatori, essendo impossibile attivare una permanente sorveglianza... perchè quand'anche si giungesse a scoprire e distruggere tutte le palizzate... i coltivatori tornano con ogni facilità a ricostruirle appena gli esecutori si allontaneranno dal luogo.
Ciò posto il parere subordinato del sottoscritto sarebbe il seguente.
Se l'Enfiteuta... ricorrente fin dal 1828 ebbe dimostrato... il suo diritto privato... di quelle acque ad esclusione di ogni altro non vi sarebbe ragione di permettere le palizzate.
La consuetudine che si asserisce... sarebbe cessata, quando il Principe, di cui sono i fiumi, concesse privatamente l'acqua all'Enfiteuta.
Il Temperamento equitativo... si è sempre convertito in abuso... che non può reprimersi per la stessa sua natura... e perchè... una... sorveglianza... è impossibile.
Il danno dei Proprietari delle Mole e del Pubblico è evidente e notorio, giacchè non potrebbero quelli agire... dei danni stante la povertà... dei contravventori... che la popolazione di questa città essendo cresciuta, si è aumentato il consumo dei generi di prima necessità...
Questo fatto non renderebbe tollerabile il deviamento delle acque neppure nei giorni di festa...
L'utile e i bisogni di una intera popolazione distruggono il temperamento equitativo adottato dalla... Congregazione delle Acque con dispaccio 16 8bre N°1152... dei Privati Coltivatori.
Sarei di avviso... farne oggetto di rapporto al sullodato Dicastero oggi Ministero dei Lavori Pubblici".
Nella gran confusione dei ricorsi e delle petizioni, il tempo sembra essersi fermato a quei giorni, come non pensare alle questioni che continuano ad avvelenare lo sviluppo economico dei nostri tempi.
Rileggendo i vecchi documenti ingialliti, non sfuggono gli abusi, le prepotenze e le speculazioni, al pari di tante situazioni odierne.
Spesso le autorità, costituite dagli esponenti delle stesse famiglie emergenti, si schieravano a favore dei poteri economici più forti e non badavano ad una tutela di carattere generale ma all'interesse più immediato che non favoriva l'equità e la giustizia sociale fra le parti.
La promulgazione delle leggi, dei codici e delle regole, che stabilivano l'uso delle acque, erano all'ordine del giorno. Fra le tante curiosità del tempo, riportiamo il contenuto di alcune disposizioni, che aiutano a comprendere meglio anche l'atteggiamento delle autorità.
I provvedimenti delle autorità.
Il Bando di Notifica.
"Con decisione del 7 settembre corrente, la Sacra Congregazione delle acque avendo riconosciuto il privativo, e costatato diritto del Sig. Filippo Renna, Enfiteuta Comunale dei Molini a grano esistenti in questo territorio, e situati sul Fiume Acquosa, di servirsi ad esclusione di ogni altro delle acque di detto fiume, perché cessino le usurpazioni che a danno dello stesso Enfiteuta sonosi commesse per l’addietro, e perché oltre non siano nel tratto avvenire riprodotte a di lui pregiudizio, ha ordinato ed ordina quanto appresso.
1° Chi a niun dè proprietari, o coltivatori dei fondi adiacenti al Fiume Acquosa sia sotto qualunque pretesto ne in verun tempo permesso di deviare le acque di detto fiume, ed incanalarle per entro i loro terreni, o mediante parate solite a costruirsi contro il corso libero delle medesime, o con altro qualsivoglia auspicio, quantunque usato abusivamente nel tempo. .
2° Ciascun contravventore sarà punito colla multa di dieci scudi per ogni contravvenzione, oltre l’emenda dè danni a favore del privatario Renna. .
3° Coloro che avessero compiuto lungo l’alveo del fiume delle parate, o palizzate per arrestare il corso... nel termine d’ore quarantotto dall’affissione della presente atterrino gl’impedimenti esistenti, passato il qual termine verranno rimossi d’ufficio, e sottoposti i proprietari dè terreni alle penali stabilite nell’Affissione antecedente.
E perché nessuno abbia ad allegare ignoranza degli ordini suddetti, si è provvisto, che oltre l’affissione della presente nei soliti luoghi della città, siane il contenuto proclamato a voce, anche dal pubblico Banditore.
Frosinone dalla Nostra Residenza lì 16 settembre 1828.
Per Monsignor Delegato Apostolico
L’assessore Comunale - M. Sensini"
La risposta degli agricoltori.
I Pareri Contrari ai provvedimenti.
Nell'ultimo documento che proponiamo, fra i molti comunque presenti nell'Archivio di Stato, troviamo anche le voci contrarie ai provvedimenti adottati.
Il parere dei ricorrenti si riassumere di seguito:
"Alla c(ortes)e p(azienz)a Sig(no)r cons(iglier)e
Bouchard.
Cong(regazio)ne del 21 luglio (18)62.
Di fronte al disp(acci)o della già S. cong(regazio)ne
delle acque in data 16 ottobre 1828 n. 1152/842 non
può la delegazione inibire l'uso della acqua del fiume
Cosa limitatamente al modo di cui al disp(acci)o
stesso. Può bensì, in causa del servizio pub(blico)
della mola, vietarne l'abuso, su di che se ne scriva al
Gov(ernator)e di Alatri, Veroli e Guarcino onde sia
rimosso l'abuso stesso richiamando in vigore la multa
di scudi 10 verso i contravventori, la quale per un
terzo cadrà a favore della forza inventrice.
Del resto il Sig. Renna si rivolga e provveda come
meglio creda ai suoi interessi nei termini di ragione.
Il G(overn)o Ap(ostilic)o
F. Scapitta
C. Peronti
P. Bisleti
Conclusioni.
Al termine di questa ampia trattazione, è sempre difficile commentare il rapporto fra l'uomo e la natura: mediare fra l'interesse dei singoli e l'interesse istituzionale per un bene collettivo. La difficoltà dell'analisi riguarda, purtroppo, il comportamento dell'uomo.
Dal contesto dei documenti e dai fatti analizzati prevale l'interesse per lo sfruttamento del fiume, anche semplicemente per berne l'acqua e la scarsa attitudine dei soggetti in causa a tutelarne il ruolo e l'integrità delle sue acque: bene prezioso per tutti.
Forse nel lontano '800 poteva esserci una minore coscienza sociale per tali argomenti e le acque erano certamente necessarie per avviare lo sviluppo industriale nascente.
Qualche disattenzione per la tutela del fiume poteva essere tollerata. Oggi, a distanza di tempo, con il ricorso ad altre fonti di energia, che hanno sostituito quella idraulica, il fiume dovrebbe essere limpido e pulito.
Un fiume restituito alla cittadinanza, libera di frequentarne le sponde per attività sportive e culturali, anche semplicemente per riposare su una comoda panchina, con i bambini a giocare, stupiti nell'osservare il volo degli uccelli, il movimento dei pesci e delle altre creature che dipendono dal fiume e dal ritmo delle stagioni, il cui ciclo vitale è in continuo declino.
Ma l'uomo non si accontenta del corso naturale delle cose! L'uomo vuole trasformare le cose, le riadatta, le modifica e le vuole "ricreare" ma, certamente non le migliora.
La creatura più sensibile, più intelligente, più costruttiva del genere umano, sembra essere anche la più idiota, nel rapporto con l'ambiente.
E' facile domandarsi perchè chi possiede tante qualità e tante virtù si lascia condizionare dalle sue poche negatività?
E' un mistero incomprensibile capire l'uomo, quando lascia prevalere in maniera sistematica le sue poche negatività.
La realtà ultima è che l'uomo pensa al suo tornaconto; una sorte di rettile psicologico che si insinua e si avvinghia al suo animo fino a straziarlo e mai lo abbandona.
E' una cosa congenita che c'è anche quando sembra non esserci. Il tornaconto avvelena i rapporti fra gli uomini e fra l'uomo e la natura, dalla quale egli stesso dipende, dimenticando di essere solo una delle componenti del creato.
Quello che è certo è che pagheremo ancora di più, rispetto a quanto stiamo già pagando, i riflessi e i risvolti di questo modo scriteriato di comportarci e per la nostra stupita trascurataggine.
Il fiume scorre ancora e mette paura solo a guardarlo, con il suo carico micidiale di inquinanti: Giace nell'abbandono generale. Sarà ancora lì dove scorre, anche nel futuro. Certamente modificato rispetto a ieri e rispetto ad oggi e, forse, ci saranno anche i nostri figli.
10 maggio 2009 - Testo della Commissione Culturale Parrocchiale - Vincenzo Papetti