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Il rettore di questa chiesa veniva chiamato abate. Questa circostanza perciò indurrebbe a pensare che sia di origine monastica. Ma non si posseggono documenti di appoggio.
Nella S. Visita del 1667 vengono eretti due benefici presso la chiesa arcipretale di S. Maria. Uno di questi doveva servire per il mantenimento di un economo - coadiutore nella chiesa dell’Annunziata. In quella del 1688 è detto che si chiamava anche della Pietà e che era curata dalla confraternita della carità o della Morte. I cappellani erano D. Giuseppe Magliocchi e D. Nicola De Sanctis. Annesso alla chiesa vi era l’oratorio della confraternita, di cui in quell’anno era tesoriere D. Francesco Donati.
Il 4 novembre 1751 vi fu eretta da Mons. Tartagnini, per interessamento del passionista P. Tommaso del Costato di Gesù, la confraternita del Cuore di Gesù, con 72 membri effettivi, in memoria dei 72 discepoli di Gesù. Nel 1785 la chiesa fu eretta parrocchia.
Questa chiesa di origine monastica fu eretta parrocchia secolare nel 1250. Dalla S. Visita del 1581 si rileva che gli otto canonici addetti al servizio dovevano recitare l’ufficio due volte la settimana in San Benedetto e una volta in S. Lucia; erano obbligati alla residenza nei giorni di S. Marco e S. Benedetto.
Erano soggette alla sua giurisdizione parrocchiale la chiesa della SS. Trinità, degli Agostiniani, di S. Lucia, della Visitazione o S. Elisabetta e la cappella di S. Anna nelle carceri. Possedeva nove cappelle con diritto di patronato delle famiglie De Sanctis, Mazzocchi, Nati, Campagiorni, Grappelli, Torti.
Nei regesti pontifici dei secoli XIII e XIV s’incontrano i nomi dei seguenti canonici di S. Benedetto: Tommaso di Giovanni Oderisi (19 giugno 1264), Giovanni di Giovanni (5 giugno 1264), Pietro di Giovanni de Via (7 settembre 1316), Leonardo, abate (17 novembre 1311), Francesco di Nicola Pagliaroli (12 agosto 1330), Giovanni Roberti (16 giugno 1335).
Nella S. Visita del 1581 si dice che fu fondata dalla famiglia De Grassi. Non sembra quindi esatta la lettura della conferma dei beni dell’abazia di Casamari del 1170, proposta dal Mastrantoni, Nel 1692 vi si trova la Compagnia del Gonfalone, che nel 1652 è già aggregata all’arciconfraternita di Roma. Vi si celebrano le feste dell’Invenzione ed Esaltazione della Croce. Dopo la distruzione della chiesa vicina di S. Martino, vi fu costruita una cappella dedicata a questo Santo e vi si svolgevano le funzioni che una volta si celebravano in S. Martino.
A fianco di questa chiesa fu costruito il primo ospedale.
Fu costruita al principio del ‘600 dalla signora Marta di Nicola Quartucci, l’abbandonata, come da atto del 2 febbraio 1629 rogato da Silverio De Sanctis, e dalla stessa dotata con terreni nel territorio di Torrice e di Ferentino. Nella S. Visita del 1652 e detto che la Chiesa era filiale di quella arcipretale e di diritto patronale della famiglia Quartucci di Torrice. In quella del 1691 si dice che fu restaurata dall'abate Silverio Grappelli che v’era cappellano senza pregiudizio per il diritto di patronato.
Dal marzo del 1772 al giugno 1776 la ebbero in cura gli Agostiniani Scalzi della Madonna della Neve e a loro sottentrarono i Padri Liguorini, che la conservano ancora.
Nel 1581 si dice che era aggregata alla chiesa arcipretale e veniva custodita da un eremita.
Nei 1688 fu invitato a visitarla il Can. Alessandro Frezzi, insieme a D. Nicola De Sanctis e D. Nicola De Felici.
Era in custodia del sac. Fra Carlo Pafetti, ossia, come sembra, di un padre Agostiniano.
Il Fortuna afferma che sorgeva al posto di una statio militaris, ma non spiega in base a quale documento.
Negli atti delle visite vescovili è chiamata anche S. Maria di San Lorenzo.
L’abbiamo nominata altrove. Essa è di origine benedettina e filiale di S. Benedetto, il cui clero è obbligato ad officiarla. Mons. Fr. Angelucci in una sua visita ordinò che fosse restaurata a spese della chiesa di S. Benedetto. Nel 1654 fu da Mons. Filonardi designata per sepoltura dei condannati a morte. Sorgeva dove ora c’è la Banca d’Italia.
Fu costruita nel sito attuale, quando al suo posto fu edificato il palazzo della gendarmeria (1840).
Nella S. Visita del 1581 si trova unita a quella arcipretale. In quella del 17 aprile 1676 Mons. Riccardo degli Annibaldi interdisse l’altare perché era completamente spoglio.
Forse la sua prima origine bisogna ricercarla nel fervore nato per il Santo nell’877, in occasione della traslazione del corpo, fatta dagli Anagnini da Veroli alla loro città, dopo il riscatto pagato ai saraceni.
A quanto già detto altrove, c’è da aggiungere queste altre notizie. Nel ‘600 aveva altre nove chiese affiliate e, dentro, ben undici cappelle. Le famiglie che avevano il diritto di patronato erano: Battisti, Ciceroni, Gentili, De Paoli, Galassi. La cappella di S. Silverio era del comune e possedeva un fondo nella zona di Selva dei Muli, per lo stipendio del cappellano. Quella di S. Stefano fu costruita dalla famiglia Ciceroni, come si è detto nella S. Visita del 1581. Essa sostituì l’antica chiesa di S. Stefano, di cui si fa menzione diverse volte nei regesti pontifici del sec. XIV.
La cappella di S. Giovanni Battista pensiamo che vi sia stata costruita dopo la distruzione della chiesa omonima sull anfiteatro ad opera della guerra del 1556.
Si trovava al carcere ed era amministrata dalla confraternita della Carità. Il 2 maggio 1688 fu visitata dal convisitatore del vescovo, can. Alessandro Frezzi. In quell’anno era camerlengo della confraternita D. Francesco Donati.
Sebbene fosse fatiscente, tuttavia il vescovo continuava a farvi la visita pastorale.
Anzi è da dire che quella compiuta nel 1688 fu chiusa il 2 maggio, proprio a S. Pietro e il vescovo «richiamò e confermò l’ordine di istituire la confraternita della Dottrina Cristiana, di fare il catechismo e lo stato d’anime».
Si trovava al Borgo S. Savatore. Nella visita del 1627 e detto che fu costruita per devozione di Fortunio Forti, in quella del 1652 si dice che è senza dote, annessa a quella arcipretale e di diritto patronato, sotto la cura di D. Carlo Ciceroni. Nel 1664 si afferma che fu costruita da Felice Antonia De Fortis moglie di Carlo. Nel 1696 è sotto la cura di Antonio Ciceroni.
Costruita dalla famiglia Gentili al posto di quella di S. Biagio, andata distrutta nella guerra del 1566. Vi era la società di S. Sebastiano. Il culto di questo Santo vi era stato introdotto prima ancora che fosse distrutta la precedente chiesa, giacché nel 1552 Paolo Gentili vi aveva lasciato un pio legato.
Successivamente il diritto di patronato passò alla famiglia De Nobili, per aver questa donato trenta rubbia di terreno. Nel 1664 vi fu trasferito il beneficio che stava nella chiesa di S. Pietro, danneggiata dalla guerra del 1556. In quest’atto è chiamata chiesa dei Santi Sebastiano e Antonio.
Trovavasi presso il ponte della Fontana. In origine si chiamava di S. Teodoro e ciò fa comprendere la sua antichità. Ne abbiamo parlato quando si è trattato delle chiese distrutte nella guerra del 1556.
La si trova nominata sino alla fine del ‘700, sebbene quasi sempre fatiscente.
Donata, come abbiamo già detto, agli Agostiniani fin dal 1402. Nella comunità dimoravano abitualmente pochi religiosi. Da una fede giurata del 20 giugno 1687 sappiamo che c’erano due soli sacerdoti, più due conversi. I sacerdoti erano: «P. Giuseppe de Alesandris Priore, et il P. Michele Scarpini Sacerdoti di certa famiglia», entrambi di Frosinone.
Era filiale di quella di S. Benedetto e non aveva oneri. Nel 1699 la curava il sac. D. Urbano De Sanctis. Nella prima sua visita pastorale del 20 novembre 1675, Mons. Riccardo degli Annibaldi, vi indossò gli abiti pontificali e da lì si recò a S. Maria.
Queste erano le chiese esistenti a Frosinone nel ‘600. Se ad esse si aggiungono quelle non piu esistenti in quel secolo noi abbiamo il seguente quadro:
Chiese scomparse prima della guerra del 1556: N. 4 Chiese scomparse con la guerra del 1556: N. 7
Per un totale di chiese distrutte: N. 11
Tenendo presente che le chiese che erano in piedi nel ‘600, lo erano anche nel ‘500, bisogna concludere che esse erano in N. di 22 nel sec. XVI e divennero 15 nel secolo successivo a causa della guerra del 1556 - 1557.
Dunque Frosinone sotto il profilo degli edifici sacri, ha raggiunto il suo livello più alto nel secolo del rinascimento, anziché in quello del barocco.
Sorge allora il quesito: In che modo si risenti in Frosinone l’effetto della riforma tridentina? I documenti ci danno questa risposta:
Si realizzò non con la costruzione o restauro di edifici cultuali, ma con una nuova organizzazione della vita cristiana, mediante la fondazione delle confraternite.
La riforma cattolica è anteriore al Concilio di Trento.
Gli storici la fanno nascere dall’Oratorio del Divino Amore (1517),
che fu una fucina di apostoli e di santi e suscitò una fioritura di organizzazioni religiose e apostoliche. In Frosinone nel ‘600 nascono le seguenti associazioni:
1) La Confraternita del Gonfalone, allo scopo di aiutare i poveri, specie le orfanelle, e gli ammalati. 2) La Confraternita della Morte, per curare i suffragi e la sepoltura di quelli che erano senza famiglia. In origine fu istituita nella chiesa dell’Annunziata. Già esisteva nel 1581. 3) La Confraternita della Carità, per assistere i carcerati e condannati a morte. Di queste tre Confraternite se ne formò poi una sola, che viene chiamata ora con l’uno ora con l’altro nome. Nel 1821 si chiamava Confraternita della Morte e costruì un nuovo ospedale ad opera del governatore, Cav. Domenico A. Guglielmi. 4) Confraternita del SS. Sacramento, per l’incremento del culto alla Eucarestia. Aveva la sede nella chiesa di S. Maria, dove organzzava l’adorazione solenne ogni prima domenica di mese e per la quale il 16 gennaio 1704 ottenne l’indulto dell’indulgenza plenaria.
Fu istituita nel 1652 nella cappella della Madonna Assunta.5) La Confraternita della Buona Morte, da distinguersi da quella già nominata che veniva anche chiamata dell’Orazione e della Morte. Quella di cui parliamo aveva la sede in S. Benedetto ed operava con la preghiera e l’adorazione per impetrare una morte cristiana. Il 26 settembre 1672 ebbe l’indulto dall’indulgenza plenaria da lucrarsi da tutti i partecipanti. 6) La Compagnia del SS. Rosario. Aveva sede nella cappella omonima di S. Maria. Esisteva già nel 1581. 11 vescovo di Veroli nel 1661 eresse il Monte dei Monti «sotto la Compagnia del SS. Rosario».
Aveva dieci deputati per la raccolta e l’amministrazione delle offerte, con le quali in morte degli iscritti venivano celebrate Messe in suffragio.
Queste pie unioni riuscivano ad inquadrare tutti i frusinati per l’attuazione di una vita cristiana, fatta allora di culto e di carità. Le visite pastorali che compivano in quel secolo i vescovi danno l’impressione di quelle che compiono i superiori regolari in una comunità di pochi individui. Infatti si venivano a conoscere, come si suol dire, vita e miracoli di ognuno. Ecco uno degli esempi, che potrebbero moltiplicarsi.
Nella visita del 1682 troviamo questa deposizione di D. Domenico Gentili: «Qui in Frosinone regna assai la bestemmia e particolarmente i sbirri della Corte... e in specie Antonio Calabrese» (Dep. 18 aprile 1682).
Così sappiamo dalla stessa deposizione che «vi era inimicizia mortale tra i Ciceroni e i Pesci».
Padre Ignazio BARBAGALLO Agostiniano Scalzo
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