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La piccola aneddotica nella quale sembra che ci siamo soffermati un pò troppo ci mette in mano la chiave per comprendere sia il penoso stato sociale in cui si viveva prima della rivoluzione industriale e, a nostro parere, l’occulto disegno dell’Architetto dell’universo nel far sorgere il santuario della Madonna della Neve. Nel 1626 il vescovo del tempo, nella S. Visita compiuta a Frosinone, aveva proclamato ufficialmente la Madonna in S. Maria «Madre dei poveri». Da quella data non si amministrarono cresima per 10 anni. Ciò vuoi dire che anche religiosamente ci fu una specie di abbandono.
Lungo tutto il secolo vediamo tanti flagelli, tante sofferenze, tante ingiustizie. Il popolo sembrava quasi abbandonato. La Madonna dunque dovette consolare i sofferenti ed operò il prodigio sopra riferito. Il popolo comprese bene questo significato. Infatti fu lui, lui soltanto a costruire il santuario della Madonna della Neve. Ciò è affermato nei documenti che dovremo citare fra poco.
Nel 1678, dopo la consacrazione della nuova chiesa, l’amministrazione comunale decise di affidarla alla cura di una comunità religiosa. L’incarico di trovarla fu demandato all’Ab. D. Giacinto Scaglia, che risiedeva a Roma.
Saputasi la notizia da D. Giambattista De Carolis da Pofì, appaltatore delle pubbliche entrate, questi suggerì a D. Scaglia di proporre gli Agostiniani Scalzi. Gli amministratori del comune accettarono la proposta e, col favore del popolo, inoltrarono al Papa l’istanza per averli a Frosinone. La congregazione dei VV. e RR. chiese le informazioni e il voto al vescovo di Veroli, «e fu spedita la lettera sotto li 17 gennaio 1679».
Avute le necessarie informazioni e voto fu ordinato «che venissero inviati i prospetti dei redditi e il consenso capitolare del priore e frati». Poiché i redditi della nuova chiesa non erano sufficienti a mantenere 12 religiosi, quanti se ne chiedevano allora dalle leggi canoniche, il comune s’impegnò a corrispondere 60 sc. annui di supplemento. Dopo di che il Papa Innocenzo XI - (foto a destra) - autorizzò la fondazione della nuova comunità religiosa con chirografo del 20 luglio 1680, diretto al cardinale Cibo, prefetto della congregazione degli Sgravi e del B. Governo. Però la casa religiosa, non poté essere aperta. La legislazione canonica di quel tempo prescriveva che non si aprissero conventi senza i necessari cespiti per il mantenimento di 12 religiosi. La legge voleva questo per far attendere i religiosi all’attuazione dei loro impegni sacri senza preoccupazioni materiali.
In base a tale legislazione non poteva erigersi presso la nuova chiesa della Madonna della Neve l’auspicata casa religiosa. Il 24 agosto 1680 l’Abate Scaglia scrisse così agli amministratori del comune. «Ho ricevuto la favoritissima delle signorie loro. Il tutto si è comunicato da me al sig. Avvocato Sabellico e si è stimato bene rappresentarli che quando li Padri Definitori vennero costì per stabilire il mantenimento dei 12 Padri si calcolò che ci voleva uno scudo il mese per ciascheduno di essi per la pietanza e cinque scudi e mezzo per ciascuno l’anno per il vestiario, sicché vi volevano diciassette scudi e mezzo per ogni frate l’anno, onde si calcolava che in dodici padri ci fossero per assegnamento certo scudi duecento dieci all’anno».
Gli ufficiali del comune e la cittadinanza conoscevano già queste cose ed allora, per superare le difficoltà, alcuni frusinati si esibirono ad integrare la somma . «Lor signori accennano in detta nota, che vi siano molti devoti vittadini, che vogliono supplire con assegnamenti d'entrate certe, e che restano solo per il dubbio della venuta di detti Padri. Il signor avvocato su detto ed io ci siamo consolati in sentire queste ottime volontà di questi devoti cittadini, ed insieme pregarli voler mettere in esecuzione questa loro opera pia».
Però il proverbio popolare «tra il dire e il fare, c’è di mezzo il mare» ebbe ragione anche questa volta. Non solo non si riuscì a passare il mare, ma ci furono quelli che ad arte sconvolsero le acque.
Di ciò si rese subito conto il vescovo che nel dicembre dello stesso anno scriveva: «E’ noto alle Sig. V. qual sia stato sempre il mio desiderio di vedere costì li PP. Scalzi, ma per dirla alla libera, credo sempre si troveran difficoltà grandi, perché sortisca, ed il decreto della S. Congreg. è arduo sì per l’assegnamento per il mantenimento dei PP., come per il contrasto degli altri vi sono ora, tuttavolta la presenza e diligenza del sig. Abate Scaglia potrà rimediare a molto, e lo spero; per quello spetta a me coopererò di tutto cuore».
La barca dunque rimase agli ormeggi «a zampa di oca».
Allorché fu deciso di far venire gli Ag.ni Sc. presso la chiesa della Madonna della Neve, fu chiesto l’assenso anche al clero e agli Agostiniani che abitavano presso la chiesa della SS. Trinità a Frosinone. Furono tutti favorevoli. Questi ultimi avevano dato il loro voto il 12 aprile 1679. Poiché i religiosi erano pochi e non potevano tenere il capitolo, la dichiarazione fu firmata dal priore conventuale del tempo, che era un frusinate, e dal priore generale.
Sopraggiunto l’intoppo di cui abbiamo parlato, i medesimi religiosi chiesero di poter sottentrare al posto degli Ag.ni Scalzi e ne fecero istanza al comune il 9 marzo 1681.
L’istanza degli Ag.ni della SS. Trinità fu portata al Consiglio Comunale.
D. Muzio Battisti la perorò, il Cap. Ambrogio Campagiorni vi si associò e, posta ai voti segreti, fu accolta con 28 voti favorevoli e 6 contrari, «col supposto che fussero insuperabili le
difficoltà».
Dopo due giorni l’abate di S. Benedetto protestò contro questa novità, giacché la chiesa della M. della Neve «era destinata agli Ag.ni Scalzi». Contemporaneamente altra protesta nello stesso senso fu inviata da 44 cittadini, di cui 11 sacerdoti.
La congregazione del B. Governo quindi il 19 giugno 1681 ordinò al vescovo di rimettere le cose allo stato di prima. A questa intimazione il vescovo «in luogo del Romito che custodiva la detta chiesa per Giulii 15 il mese vi ha posto un sacerdote et un chierico con provisione di sc. 8 il mese», da ripartire sc. 6 al sacerdote e sc. 2 al chierico.
Il popolo però, visto che i nuovi arrivati, compreso il chierico sagrestano, avevano lo stomaco un pò più grosso del povero frate, ricorse alla congregazione sullo Stato dei Religiosi per fare ridurre lo stipendio perchè troppo grave per la chiesa. E il dicastero romano i 20 novembre 1681 comandò al vescovo che si facesse rendere conto degli introiti che aveva la chiesa e poi riducesse comandò al vescovo che si facesse rendere conto degli introiti che aveva la chiesa e poi riducesse l’onorario a sc. 3 per il sacerdote e 12 Giulii per il chierico, «previa intesa con la stessa congregazione».
Frattanto trascorreva il tempo e non si risolveva il problema. Nel primo semestre del 1683 fu eletto capo - priore del comune il giovane Ludovico Paolo Bompiani, che abbiamo gia conosciuto quando si è messo in evidenza che i chierici non potevano essere eletti sindaci. Il nuovo capo dell’amministrazione comunale il 10 maggio 1683 fa approvare dal consiglio una deliberazione nella quale si dice che gli Ag. ni Scalzi hanno rinunziato all’offerta della chiesa della M. della Neve e quindi viene deciso di chiamare al loro posto i Francescani Riformati. Anche il vescovo alla fine aveva ripiegato per questa nuova soluzione. Ciò lo si rivela da una lettera del 23 luglio 1683 scritta alla congregazione dei VV. e RR. che aveva chiesto informazioni su un esposto inviato dai frusinati il 28 maggio 1683 contro l’economo della M. della Neve, D. Francesco De Sanctis.
In detta lettera informativa, dopo aver discolpato l’incriminato economo, prega di lasciarlo ancora «maggiormente sperandosi quanto prima possa erigersi un convento dei PP. Riformati di S. Francesco contiguo alla chiesa». Difatti si lavorava a tale scopo. Il 10 agosto 1683 il consiglio comunale assegna i sessanta scudi, già destinati per gli Ag.ni Scalzi, ai nuovi religiosi e rivolge loro l’invito a venire a Frosinone. L’offerta viene accettata dal Definitorio Provinciale dei Francescani, nella sessione del 7 ottobre 1683, tenutasi in S. Francesco a Ripa di Roma.
Questo nuovo fatto non servì a risolvere la situazione, ma ad aggravarla maggiormente. I nuovi religiosi non potevano chiudere gli occhi alla questione dei redditi necessari per il mantenimento di 12 religiosi, perché era legge comune ad ogni famiglia regolare. Infatti, dopo tanti approcci, il loro Definitorio Provinciale nella sessione del 17 luglio 1685 pose dieci condizioni perché vi si potesse fondare il loro convento. In esse si chiede qualcosa in più di quello che chiedevano gli Ag.ni Sc., perché i Francescani, in forza della loro speciale povertà, debbono affidarsi alla pubblica carità. Giunte a questo punto le trattative, il Card. Crescenzi chiese alla congregazione dei VV. e RR., in data 28 settembre 1685, che fosse concessa la chiesa ai Francescani. La congregazione autorizzò il vescovo a compiere quest’atto, previa intesa con gli Ag.ni Sc. Mons. Riccardo degli Annibaleschi convocò questi ultimi e, quando sentì dirsi che essi persistevano nella difesa del loro buon diritto e che erano disposti a venire a Frosinone, lo riferì alla congregazione.
A questo punto nasce il lungo e serrato duello tra Francescani e Agostiniani Scalzi. Questi ultimi erano sorretti dalla maggior parte della popolazione e dal clero, dal vescovo e dal chirografo di Innocenzo XI del 20 luglio 1680.
Sicché l’impennata del giovane sindaco non poté assicurare il mantenimento dei religiosi invocati dal popolo, ma servì a dividere gli animi dei frusinati, a procrastinare di anni la soluzione del problema e a fare litigare Agostiniani Scalzi e Francescani Riformati presso tre dicasteri romani per lo spazio di altri due anni ancora. Però anche il nostro Ludovico Paolo Bompiani non rimase con le mani in mano e, quando finì il suo mandato al comune, si dette ad attaccare altre liti, come era uso di quei tempi.
Come abbiamo già visto, il primo economo del santuario, Francesco Imperioli, era stato sostituito, per ordine della congregazione dei VV. e RR., da D. Francesco De Sanctis. Naturalmente il fatto costituiva uno schiaffo morale per l’amministrazione civica. Ed allora ecco gli occhi puntati sul nuovo titolare, per cercare di scoprire qualche lato vulnerabile. Il Bompiani lo trovò nel favoritismo del De Sanctis per i propri parenti ed allora, giù, ricorsi alla congregazione. Questa chiedeva informazioni al vescovo ed il vescovo chiariva i fatti e tutto si risolveva in una bolla di sapone. Nel duello non potevano mancare le calunnie ed allora il vescovo il 18 novembre 1685 fece arrestare il Bompiani, all’atto in cui era andato a trovare a Veroli la sorella monaca D. Sigismonda. L’ex capo - priore ricorse al dicastero romano, spiegando che «il vescovo di Veroli malsoddisfatto, et odioso dell’oratore a causa che altre volte è ricorso contro Francesco De Sanctis Vicaro Foraneo di esso Mons. Vescovo in Frosinone»
Non è qui il caso di continuare a raccontare tutta la vicenda. L’abbiamo solo voluto accennare perché il lettore possa comprendere come si questionasse in quei tempi.
Dobbiamo tuttavia essere grati al capo - priore Bompiani perché con la vertenza che fece nascere ci tramandò involontariamente tante notizie. Ma noi ne mettiamo in evidenza una soltanto, perché è impossibile sintetizzare tutta la documentazione. E’ Quella, già precedentemente accennata, del ruolo del popolo nell’erezione della chiesa della Madonna della Neve. E' il popolo che ha offerto il denaro per costruirla.
Nell’argomentazione diretta a dimostrare che l’amministrazione comunale non poteva offrire la chiesa a questo o a quell’altro, fu documentato che essa non ne era il padrone, perché non aveva fatto alcuna spesa per la sua costruzione. «Come la verità fu et è, che Mons. illustrissimo e Rev.mo vescovo di Veroli diede l’amministrazione delle elemosine che si andavano facendo dai pii fedeli e benefattori alla Madonna SS. della Neve di Frosinone alli Offiziali della Comunità di detto luogo e, con simile ritratto ne è stata fondata la chiesa senza che la comunità sudetta ne abbia patito interesse e poi per diverse ispezioni Monsignore Illustrissimo Vescovo medesimo levò dalle mani degli stessi Offiziali la detta amministrazione deputatidovi per amministratore et economo liberamente il quondam Francesco De Sanctis quale venne anche approvato dalla sacra Congregazione».
La vertenza tra gli Ag.ni Sc. e i Francescani Riformati si chiuse presso la congregazione della Disciplina dei Regolari nel settembre 1688. Essa finì perché i primi tagliarono la testa al toro, ossia risolsero il problema del mantenimento dei 12 religiosi con l’impegnare i conventi della provincia romana a supplire quanto fosse stato necessario per il mantenimento della nuova comunità. Questo impegno fu sottoscritto con atto notarile del 28 agosto 1687, festa di S. Agostino. I firmatari furono il superiore provinciale P. Simone di S. Croce e i 14 priori della provincia romana degli Ag.ni Scalzi, che antecedentemente avevano approvato l’impegno nei singoli capitoli conventuali. Finita la vertenza, il procuratore generale di questi religiosi il 16 settembre 1688 chiese ed ottenne dal Papa l’autorizzazione per la fondazione del nuovo convento presso la Madonna della Neve.
I religiosi presero possesso della chiesa e locali annessi la domenica 10 ottobre 1688. Si adattarono nei due vani abitabili siti sopra la sagrestia. Poco dopo ottennero però come temporaneo alloggio un vano, allora spiccio, attiguo alla scuola pubblica maschile dl grammatica.
Si trattava del granaio. Di questo fatto ne profittarono coloro i quali avevano lottato per non far venire i religiosi a Frosinone ed inviarono una lettera anonima alla congregazione dei VV. e RR.
I frusinati, a dir vero, erano allenati a questo genere di ricorsi. Infatti si trovano lettere anonime presso tutte le congregazioni. Nel caso nostro preferiamo riportare la lettera che inviò all’autorità centrale il governatore della provincia, quando fu richiesto delle necessarie informazioni:
«Non ha molti mesi che furono quà chiamati li PP. Agostiniani Scalzi, et ai medesimi concessa la chiesa dedicata alla Vergine SS. della Neve fuori di questo luogo, dove attualmente stanno erigendo un nuovo convento, del quale poca parte fin’ora ne apparisce sopra dei fondamenti, e perché due sole camere annesse a detta chiesa non sono capaci per tutti li PP. che la officiano e che assistono alla fabbrica, non avendo potuto trovare in questa Terra, quanto angusta, altrettanto ricolma d’abitanti, una casa a pigione per ritirarsi la notte a dormire, pensarono, anche con mia partecipazione, di chiedere pro interim al capo - priore del semestre passato una stanza della casa della comunità disimpegnata e vacante, contigua alla scuola di grammatica, quale fu loro volentieri accordata, et appresso confermata anche dal sussequente capo - priore, con la riflessione che non servendosene il pubblico in conto veruno, potea, senza pregiudizio, rilasciarsene per qualche tempo l’uso ai detti PP. per il solo comodo ad una parte di essi di ridurvisi a pernottare, come fanno con somma religiosità, edificazione e modestia tale, che ben resta esclusa la taccia che ai medesimi s’addossa coll’ingiurioso memoriale, opera, per quanto m’avviso, di qualche uomo perduto, e di sopraffina malignità, immeritevole dal suo conto di veder stabilita in questa Terra una Religione esemplare e profittevole al beneficio dell’Anime... Frosinone 31 luglio 1689 Governatore: Nicola Grimaldi» - (Foto in alto a sinistra).
I nuovi religiosi in effetti con la loro bontà incontravano la stima e il favore sia del popolo e sia dell’amministrazione.
Il lettore ci consenta di riportare una lettera del governatore che successe a Mons. Grimaldì. La documentazione vale più che la nostra parola.
«Riconoscendo il popolo di questa Terra che si è di molto aumentato il culto divino e la frequenza dei sacramenti con la cooperazione et assistenza dei PP. Agostiniani Scalzi venuti in questo luogo da due anni in qua, nel consiglio generale tenuto il 27 del passato spontaneamente per voti segreti tutti favorevoli determinarono quei consiglieri riservato il beneplacito di cotesta S. Congr.ne di sovvenire per una volta li sudetti religiosi di sc. 30 d’elemosina da prendersi dai sopravanzi comunitativi della Tabella e fu da tutti approvato che si dasse agli accennati PP. il sudetto sussidio caritativo sì per mostrarsi grati ai loro benefattori, come per darsi qualche aiuto nella corrente penuria di vino, olio, frutti et anche grano, non trovandosi... Frosinone, 10 gennaio 1691. Governatore Lorenzo Gherardi».
La cerimonia della posa della prima pietra per l’erezione del convento fu compiuta la domenica 10 aprile 1689 dal nominato superiore provinciale P. Simeone di S. Croce. Alla funzione prese parte il governatore della provincia Mons. Nicola Grimaldi, genovese, dei marchesi della Pietra. Egli dette la sua cospicua offerta in quel giorno e successivamente. Il suo nome fu inciso nella prima pietra e, con le sue mani, volle gettare delle monete e il primo materiale nello scavo delle fondazioni. Egli fu un grande devoto della Madonna della Neve. La costruzione del convento fu condotta a termine rapidamente, con le offerte del fedeli e con i sacrifici dei religiosi. I due conventi romani degli Agostiniani Scalzi contribuirono per una somma complessiva di sc. 1250, versata in cinque rate.
Ultimato il convento, i religiosi si dettero a lavorare ancora di più per l’incremento del santuario. Frutto di questo lavoro furono l’incoronazione solenne dell’immagine, eseguita a nome del capitolo vaticano da Mons. Marciani il 31 maggio 1694, lunedì di Pentecoste, e l’istituzione delle due fiere principali.
Ancor oggi nella piazza antistante il santuario della Madonna della Neve si tengono due fiere: quella della Madonna il 5 agosto e quella di S. Fausta nell’ultima domenica di ottobre.
Non sappiamo la data precisa dell’istituzione perché i registri del santuario furono manomessi durante l’occupazione napoleonica. Quasi con certezza possiamo affermare che già si tenevano prima della venuta dei religiosi, ma, ad opera di questi, si resero ancora più importanti e surclassarono le altre due di S. Silverio e di S. Liberatore. La fiera della Madonna della Neve nel ‘700 ebbe il primato, ma, già verso la fine del secolo, quella di S. Fausta qualche volta aveva preso lo scudetto. Dopo la bufera napoleonica, quest’ultima era diventata superiore a quella della Madonna della Neve.
Nel 1820 la congregazione del B. Governo richiese ai comuni un resoconto delle fiere e mercati che si tenevano nella provincia. In riferimento alle nostre due fiere ecco quanto riferì l’allora Gonfaloniere Renna:
Madonna della Neve
«La fiera della M. della N. è una delle fiere ragguardevoli e può durare, secondo il solito, tre giorni prima e tre giorni dopo la festa. Essa ha luogo nel territorio circa un miglio distante dalla città in una piazza grande davanti la M. della N., santuario a tutti noto, ed il convento annesso dei PP. Agostiniani Scalzi. Venne introdotta essa fiera circa l’a. 1689, ed approvata dal governo: ma per le passate vicende si sono dispersi i documenti della concessione».
S. Fausta
L’ultima domenica di ottobre. «La fiera di S. Fausta è più grande e cospicua di quella della M. della N.; si celebra nello stesso sito e può durare quattro giorni, cioè due prima e uno dopo la festa, incominciata fin dal detto a. 1689; non trovandosi il breve di concessione per l’accennato motivo».
Le dette fiere richiamavano i mercanti, contadini e artigiani di Campagna e Marittima in un felice connubio di interessi materiali e religiosi. In una relazione del 16 aprile 1825, quando la fiera della M. della N. si era abbassata di tono, è detto: «La floridezza del commercio è grandissima in detta fiera, di ogni sorta di generi, di mercanzie, di panni, di bestiami con numeroso concorso di popolo».
Su quella di S. Fausta si dice: «Questa fiera è più ragguardevole e di più concorso della sopradetta di agosto, e per conseguenza di maggiore attività commerciale di ogni sorta di generi ed effetti».
La Madonna della Neve dunque non venne incontro solo ai bisogni spirituali del popolo, ma anche a quelli materiali.
Dobbiamo poi aggiungere che fece ristrutturare le contrade di Frosinone e dette l’occasione per la creazione di una nuova strada e di una artistica fontana che ancor'oggi è ritenuta il migliore monumento della città. Ma di ciò nel cap. seguente.
Per non ritornare sull’argomento delle fiere in piazza Madonna della Neve, riportiamo a questo punto due notizie che si riferiscono ai secoli seguenti.
Nell’estate del 1758 il Comune aveva messo la tassa del 4% sulle mérci che venivano esposte nelle fiere della M. della Neve e di S. Fausta. Però «Le comunità ed altri paesi vicini alla città di Frosinone colli mercanti di detti luoghi» fecero ricorso alla congregazione del B. Governo perché venisse tolta quell’arbitraria tassa. L’istanza, appoggiata dal governatore della provincia, Mons. Bolognini, fu accolta dal dicastero romano, che, il 16 settembre 1758, rispose: «Si stia alla prassi».
Il secondo episodio è del 1821. L’amministrazione comunale aveva imposto la tassa su le dette fiere, come in tutte le altre. Allora l’ispettore di polizia, Luigi Ponzi, inviò un ricorso al Direttore Provinciale, Tenente Colonnello Lausdei, sostenendo che l’imposizione era contraria all’Editto dell’11 marzo 1801, nel quale all’art. 12 si «tratta del libero commercio, per cui ne nascono continui sconcerti».
Ma questa volta la Delegazione, a cui era stato inviato il ricorso, con la deliberazione consiliare dell’11 settembre 1821, rispose che la tassa era conforme al «Motu Proprio» del 6 luglio 1816, in quanto era applicata, non già alle merci, ma all’occupazione del suolo pubblico. Infatti allora si riteneva che la piazza Madonna della Neve fosse del Comune e non della chiesa, come sarà definito il 7 febbraio 1824.
Padre Ignazio BARBAGALLO Agostiniano Scalzo
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