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"Archeologia e luogo di preghiera
una storia fra mito, realtà e pietà popolare"
La Chiesa appartiene all'Ordine degli Agostiniani Scalzi
Il convento di S. Maria Nuova s'innalza a 550 metri sul livello del mare, sulla falda collinare del monte Pagliaro e si affaccia sull'incantevole pianura romana. Il dorso montano su cui campeggia rappresenta lo spartiacque tra la valle Tivoli e la chiostra dentro la quale è arroccata la cittadina di S. Gregorio di Sassola col suo castello di origine medioevale.
Storicamente le aree sulle quali è stato edificato il convento appartenevano all'antica famiglia romana degli Anici dalla quale discende anche S. Gregorio Magno, originario di Palestrina. La grandezza della famiglia degli Anici toccò il vertice nell'epoca imperiale quando nei secoli IV e V si fuse con quella degli Acilii e dei Glabrioni. Sembrò che le cariche più alte dell'impero romano, compreso il consolato, fossero divenute di loro eredità.
Detti terreni, nel corso dei secoli, moltissime volte cambiarono proprietà, generando infinite dispute e capricci fra le famiglie romane che solo apparentemente combattevano per il possedimento delle terre e dei castelli periferici, ma le cui mire erano esclusivamente politiche per il dominio su Roma: Gli interessi per il papato erano enormi, per le fortune dei vari casati.
Una serie di rogiti, conservati negli archivi, attestano che passarono dalla famiglia Anieia al monastero di Subiaco ma dal 601, con l’arrivo dei Longobardi, i beni passarono in altre mani.
Nell’anno 1000 i terreni, la Chiesa e il castello di S. Gregorio passarono ai monaci di S. Andrea al Celio di Roma e, successivamente, nel 1248, Papa Innocenzo IV emise una bolla con la quale prese sotto la protezione di S. Pietro tutte le proprietà. Ecco avvicendarsi i Colonna, gli Orsini di Tagliacozzo, i Borgia ed ancora i Colonna nel 1472 e gli Orsini. Successivamente nel 1498 i beni vennero acquistati dai Colonna e dai Borgia nel 1501, ed ancora dagli Orsini nel 1505.
Ci piace immaginare che in questa infinita serie di traslochi, una sorta di “commedia di Eduardo”, la servitù, le balie con i bambini e le nonne si siano tutti seduti ad aspettare una definitiva soluzione prima di muoversi.
Dopo questa lunga “saga” le cose non migliorarono, perché nel
panorama politico affiorarono nuovi “astri nascenti”.
Nel 1567 i beni furono
alienati per 25.000 scudi al Cardinale Prospero Pubblicola Santacroce e poco
dopo ceduti al Duca di Poli.
Nuovamente cambiarono padrone passando alla famiglia
Barberini ed ancora a D. Maffeo, principe di Palestrina che il 15-1-1655 vendette
tutto per scudi 183.000 al Cardinale Pio di Savoia che accolse la comunità degli
Agostiniani Scalzi a S. Maria Nuova.
LA COMUNITÀ' DEGLI AGOSTINIANI SCALZI
Andati via nel 1659 i Francescani Conventuali Riformati, le sorti del piccolo convento e della chiesetta, passarono in secondo ordine, in quanto il cardinale Pio di Savoia, venne assorbito dalla ricostruzione e ripopolazione del paese, che era stato decimato dalla peste del 1656. Venne ricostruito il borgo e la chiesa di S. Sebastiano. Ultimati i lavori, il porporato si rivolse ai francescani per rifondare una nuova comunità religiosa a S. Maria. Ma i Riformati di S. Francesco a Ripa, fecero difficoltà in quanto avevano già un convento a Palestrina e in ordine alle questue, le due comunità sarebbero state troppo vicine.
Padre Vincenzo Pileri (14-5-1625 / 15-3-1685) Agostiniano Scalzo nativo di S. Gregorio Definitore Generale, convinse il Cardinale Pio ad accogliere gli Agostiniani disposti ad aprire una comunità religiosa a S. Maria Nuova.
Gli Agostiniani Scalzi il 7 dicembre 1671 presero possesso del vecchio convento e all'indomani cantarono nella chiesetta la Messa solenne, ufficiata dallo stesso Padre Vincenzo. Ben presto iniziarono i lavori per adeguare ed ampliare la piccola struttura alle esigenze della nuova comunità.
LA RIVOLUZIONE FRANCESE
La vita della comunità di S. Maria Nuova non è stata facile. Nel 1778 il Definitorio Provinciale prescrive al convento di Frosinone una imposta annua di scudi 24 per sollevare dalla povertà il convento di santa Maria Nuova e nel 1784 la tassa viene estesa anche ad altri conventi della Provincia per lo stesso scopo.
E‘ da ricordare che nel 1780 ci fu una ulteriore epidemia a S. Gregorio, ma non furono i flagelli naturali a mettere sulla via del Calvario la comunità. Furono invece i sussulti rivoluzionari che si susseguirono ad ondate.
Nel 1782, il Granduca di Toscana tolse agli Agostiniani Scalzi i tre conventi che possedevano e vennero aggregati alla provincia senese e pisana degli Agostiniani Calzati. Spoleto perse importanza per gli Agostiniani Scalzi. I Capitoli e il Definitorio Provinciale fu spostata a S. Maria Nuova.
Proclamata la Repubblica Romana il 15 febbraio 1798, la comunità venne sciolta e si fece man bassa di tutto, purtroppo, anche da parte di qualche frate rinnegato.
I religiosi vi ritornarono il 23-10-1799 . Ancora nel giugno 1810 i religiosi dovettero sloggiare nuovamente per la soppressione delle corporazioni religiose decretate da Napoleone. Rimase solo Padre Michelangelo Raimondi del S. Cuore, col compito di amministrare i beni incamerati. Verso la fine del 1812 anche lui dovette allontanarsi. I padri superstiti tornarono nel gennaio 1816.
Nonostante le privazioni e i disagi, la comunità andò normalizzandosi,
fino al punto che nel 1851 il Definitorio Generale designò il convento per l'erezione
del noviziato e per casa di osservanza, cosa però che non si poté fare per le
molte riparazioni che c'erano da attuare.
Nel 1867 il convento fu invaso dai
garibaldini, che erano stati battuti a Mentana. L’occupazione fu devastante
per le ruberie e i danneggiamenti come emerge da una istanza conservata nell’archivio
della Santa Sede.
IL CAMMINO VERSO I NOSTRI GIORNI
Con un grande balzo in avanti arriviamo alla guerra del 1940-45. Con la ricostituzione delle province soppresse il convento cessò di essere centro di formazione generale.
Trasferito il noviziato, il convento assolse il ruolo di seminario minore, che in termini interni si denomina “aspirantato”. Ospitò 50 studenti e dare loro una sede più moderna e accogliente, furono affrontati diversi lavori impegnativi. Si allargò il piazzale attiguo alla chiesa, venne realizzato il grazioso viale di accesso con pini ornamentali su disegno dell'arciprete di S. Gregorio D. Osirio Pucci.
L'opera più coraggiosa però fu l'ammodernamento dei locali conventuali e la ricostruzione della volta della chiesa crollata nel 1952, unitamente a due ali interne al chiostro monastico crollate nel 1959. Per la circostanza gli aspiranti dovettero essere trasferiti nel convento di Frosinone e il Priore del tempo M. Marco Romanelli, a causa del forte dispiacere per le fatiche sostenute e per i problemi che ne seguirono, alla fine dell'opera fu colpito da infarto nel febbraio del 1962.
Padre Salvatore Bernabei, dal settembre 1966 al giugno 1976
vi abitò in qualità di superiore della provincia religiosa, portando a compimento
le opere.
Quest'ultimo Padre, ha attrezzato il monastero in tutte le sue parti
con proprietà e funzionalità tali che, pur nella fedeltà alla povertà religiosa,
nulla hanno da invidiare ai conventi delle città.
Attualmente, il convento di S. Maria Nuova non accoglie più gli aspiranti alla vita religiosa ma viene utilizzato come luogo di ritiro spirituale. Ha visto passare, con soddisfazione, gruppi di catechisti, associazioni parrocchiali, esploratori cattolici, ecc.
Nel settembre 1976 il Segretariato per la formazione e spiritualità dell'Ordine vi ha organizzato una serie di esercizi spirituali per i religiosi di tutto l'Ordine. Bisogna dire che il convento di S. Maria Nuova vive oggi un periodo di sperimentazione e si sta compiendo un lavoro di sondaggio per conoscere quale debba essere la sua missione nel nuovo mondo in continua e vertiginosa trasformazione.
Qualunque
sia la sua futura linea di marcia, non si può dubitare che essa sarà illuminata
dalle due seguenti indicazioni:
- La posizione geografica e la storia ne hanno fatto un centro di spiritualità,
prima benedettina, poi francescana e, negli ultimi secoli, agostiniana.
- Il bisogno di Dio è la dimensione più profonda e costitutiva dell'uomo. Nessuna
teoria mai e nessuna forza creata potranno distorcere questa tensione umana.