"IL BANDITISMO E LA CHIESA DELLA MADONNA DELLA NEVE"
Il 24 aprile 1585 fu assunto al pontificato il card. Felice Peretti che prese il nome di Sisto V.
Egli «uomo assolutamente eccezionale» svolse a Roma «enorme attività costruttrice... diede in gran parte alla città quel carattere monumentale che non è ancora scomparso» portò a termine l'organizzazione della Chiesa post - tridentina il suo nome però è comunemente più legato alla repressione della delinquenza dei suoi tempi per cui «Attorno a Sisto V venne tessuta tutta una serie di leggende a cui fornì materia tra l’altro il suo severo atteggiamento nella repressione del banditismo».
Certo si è che in un solo anno scomparvero gli assassini e i malandrini che i baroni tenevano al loro servizio nello Stato Pontificio. Dopo la decapitazione del conte Giovanni Pepoli a Bologna «i baroni riconobbero che era passato il tempo in cui essi potevano far causa comune con i banditi».
Però Sisto V non solo puniva i cattivi, ma premiava anche i buoni.
Infatti «mentre faceva mozzare il capo a Pepoli, ne creò cardinale il fratello». Inoltre «era facile a commuoversi sino alle lagrime... sempre benefico e spesso generoso... Una caratteristica particolare di questo papa era la profonda pietà di cui diede continuo esempio durante il suo pontificato».
Essendo pertanto più papa che sovrano nella repressione del banditismo scelse soggetti idonei che fossero umani e giusti nello stesso tempo. Come in tutto lo Stato Pontificio e altrove anche in Campagna e Marittima imperversava questa triste piaga. Per debellarla il 4 febbraio 1586 fu inviato Mons. Domenico Ginnasi. Egli ebbe
il titolo di Vice legato perché il titolare della provincia era il cardinale M. A. Colonna.
Non si può comprendere l’opera del Ginnasi e il significato della chiesetta che egli fece costruire se non si conosce qualcosa della sua vita.
Egli era nato a Castel Bolognese nel 1550 da Francesco, medico, e da Caterina Palanteria.
Si laureò in diritto civile e canonico all’università della metropoli emiliana; ebbe affidati incarichi importanti e delicati da Gregorio XIII, già professore di diritto.
Quello che più colpisce in questo degno prelato della chiesa è l’esemplarità della vita. Essendo ricco di casa sua, fu più volte sollecitato a comprarsi il cardinalato, ma egli rispondeva: «Le dignità non si comprano, ma si meritano».
Fu nemico di ogni lusso, sobrio in tutto e si servì delle sue ricchezze a scopi religiosi e sociali; creò un fondo per il mantenimento gratuito di 12 studenti nella sua casa di Roma, eresse e dotò il monastero di S. Lucia dei Ginnasi in via Botteghe Oscure e vi costruì l’omonima chiesa attigua.
Quando fu vescovo di Ostia e Velletri fece costruire a sue spese, nella prima, l’ospedale e la chiesa vicina, nella seconda, una nuova cappella e la sacrestia della cattedrale, che dotò di arredi sacri.
Creò doti di orfanaggio e maritaggio presso diverse chiese; costruì e dotò il monastero di S. Domenico a Bologna per una comunità di suore e per l’educazione di otto ragazze povere.
Fu vescovo di Manfredonia a cominciare dalla fine del 1586, quando espletò la sua missione a Frosinone; nominato cardinale il 9 giugno 1604, fu vescovo suburbicario a Palestrina nel 1626, a Porto e S. Ruffina nel 1629.
In qualità di prefetto dell’allora congregazione dei Riti, firmò le lettere di canonizzazione di S. Carlo Borromeo nel 1610 e di S. Ignazio di Lojola nel 1623.
Egli è degno imitatore di questi caratteristici santi della riforma cattolica; di lui scrissero la biografia Cesare Mezzamici e Nicola Santorecchia, che fu poi sunteggiata nelle loro opere dal Ciaconio e dal Moroni. A queste notizie generali bisogna aggiungerne alcune particolari.
Ci dicono i biografi che il Ginnasi, quando era costretto a firmare le sentenze capitali volute dalla legislazione dei suoi tempi, lo faceva piangendo e poi trascorreva insonne, tra lagrime e preghiere, le notti che precedevano le esecuzioni capitali.
Egli era «specchio d’illibati costumi e di straordinaria e tenera devozione verso la B. Vergine».
Queste due virtù: la profonda umanità e la viva devozione per colei che i fedeli invocano Madre dei peccatori spinsero il Ginnasi a fare erigere una cappella dedicata alla Madonna, sul luogo su cui venivano eseguite le pene capitali. Egli voleva così affermare che, al di sopra della giustizia umana, c’è quella divina e, al di sopra ancora, la misericordia di Dio, che ci è stata donata, come dice S. Paolo, per mezzo di una donna, Maria.
"PERCHE' IL TITOLO MADONNA DELLA NEVE"
Se la chiesetta fatta costruire dal Ginnasi avesse esaurito la sua funzione nel tempo della repressione dei banditismo, o se avesse assolto il ruolo comune ad altre chiese, non ci sarebbe motivo di porre il quesito ora enunziato. Ma siccome nei secoli seguenti essa, come vedremo in seguito, ha creato una nuova contrada, ha richiamato a Frosinone contadini, artigiani e commercianti da tutta la provincia, ha dato il suo nome alla zona e a uno dei monumenti della città, che gli artisti qualificano il migliore, ci sembra logico e opportuno evidenziare la ragione di questo titolo.
Esso si riallaccia a quello di S. Maria Maggiore di Roma e richiama l’episodio miracoloso della caduta della Neve sul monte Esquilino, avvenuto il 5 agosto del 352 circa. Non è qui il caso di fermarci a raccontarlo e discuterlo. Chi lo volesse fare consulti le pubblicazioni che ne trattano.
A noi basta ricordare alcune notizie. Il titolo della Madonna della Neve, dato alla chiesa di S. Maria Maggiore, si è diffuso nel secolo X ossia nel secolo di ferro del papato, quando questo decadde enormemente. Nello stesso secolo sorge il Santuario della Madonna della Neve a Casaluce, in diocesi di Aversa.
A questo ne seguono altri nel corso dei secoli ad Acqui - Terme, Torre Annunziata, S. Lucia del Mela, Guglieri, Gaggio di Podenzana, Palestro, Adro, nei pressi di Norcia.
E’ interessante sapere che la Madonna della Neve è stata scelta come particolare padrona dei condannati a morte: «la più antica di queste istituzioni (confraternite), la cui origine si perde tra le ombre dei secoli, è la Congregazione di S. Maria della Neve... Qui non starò a dire l’epoca precisa in cui sorse questo sodalizio, né gli oneri fatti agli scritti allo stesso, essendo questi comuni a tutti gli enti simili, non avendo di speciale che l’obbligo di assistere i condannati alla pena capitale». La ragione di tale scelta va ricercata nel fatto che l’Esquilino fu racchiuso dentro le mura di Roma da Servio Tullo e destinato al supplizio dei colpevoli.
Infatti ancora nell’età imperiale, come sappiamo da Svetonio, vi si eseguivano le pene capitali: «Claudio decapitò sull’Esquilino coloro che avevano usurpato la cittadinanza romana».
Il cristianesimo che cerca di conferire forza sacramentale a tutti i valori creati, si è anche servito di quella particolare destinazione dell’Esquilino, per mettere i condannati a morte sotto la speciale protezione della Vergine che in quel luogo aveva la sua chiesa maggiore.
Ci piace quindi immaginare che, con l’erezione della chiesetta della Madonna della Neve in Frosinone, i primi ad essere stati messi sotto la protezione di lei sono stati idealmente quei frusinati che furono decapitati dai romani per aver sobillato gli ernici contro di loro.
Padre Ignazio BARBAGALLO Agostiniano Scalzo
(FROSINONE - Lineamenti storici dalle origini ai nostri giorni) - "Editrice Frusinate 1975"
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