Nel 1240 Federico II aveva visto aprirsi le porte da quasi tutte le città delle Marche e dell’Umbria. Incoraggiato da questo vento favorevole, da Spoleto pensò di marciare su Roma, molto più che Viterbo, Orte, Sutri, Montefiascone ed
altri centri laziali erano passati sotto la sua bandiera.
I Romani però, animati dal quasi centenario Gregorio IX, decisero di difendere la loro autonomia. Federico allora abbandonò l’impresa.
Proprio su questo sfondo i balivi di Roma compirono una sopraffazione. Le loro milizie vennero a Frosinone e spogliarono i condomini dei loro territori. Essi vantavano diritti politici su Frosinone. L’episodio ebbe luogo perché gli amministratori del Campidoglio di Roma si sentivano anche capi materiali dei domini della Chiesa, agivano con indipendenza dal Papa continuavano ad avere un proprio esercito, a decidere della guerra e della pace senza pur interpellare il Papa».
Gregorio IX non era solo difensore del primato pontificio ma anche delle liberlà comunali.
Egli, che poco prima aveva confermato l’unione dell’Armenia con Roma, scrivendo alla regina Rusuda e al re Davide, appena ne fu informato, intervenne energicamente per mantenere l’attaccamento di Frosinone alla sede papale. Ordinò al rettore della provincia di Campagna Carlo Sant’Angelo che restituisse il territorio di Frosinone ai condomini, rinnovando la concessione locataria del 5 settembre 1207.
Con dispaccio poi del 4 dicembre 1240, dato dal palazzo Laterano, conferma la restituzione compiuta dal rettore, cioè «il dominio, il consolato, e la metà dei proventi dello stesso paese».
La riconsegna del tutto fu attuata nelle mani del sindaco di Frosinone Giovanni Capuacio o Capocci.
Padre Ignazio BARBAGALLO Agostiniano Scalzo
(FROSINONE - Lineamenti storici dalle origini ai nostri giorni) - "Editrice Frusinate 1975"
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