Il periodo romano migliore per Frosinone è stato quello imperiale, quando fu ristrutturato a forma di colonia militare.
Infatti i resti di monumenti e le iscrizioni che si posseggono risalgono a quell’epoca.
E’ interessante quindi ricostruire quei tempi. Prendiamo le mosse dal dato di fatto. La notizia che Frosinone sia stato elevato al rango di colonia ce la dà il Libro delle Colonie.
Esso non è stato compilato da G. Frontino, come si diceva una volta, ma da un agrimensore imperiale, forse Balbo. La compilazione è stata fatta sui cataloghi ufficiali imperiali, anzi non è altro che la raccolta di detti cataloghi.
Il Pais fa notare che il titolo più esatto non è quello di Libro delle Colonie, ma Libro delle Regioni.
Il nome di Frosinone lo troviamo nel catalogo delle colonie di Campania, redatto per ordina di Claudio Cesare. In esso vengono elencati settanta centri urbani (città, prefetture, colonie, ecc.).
Di Frosinone è detto: «Frosinone, paese, è stato circondato dalle mura. Il popolo non è soggetto a servitù di passaggio. Il suo agro è stato dato ai veterani».
Dunque è certo che fu eretto a colonia militare nel primo periodo imperiale. Ma quando ciò è avvenuto?
Tutti gli scrittori che hanno parlato di Frosinone e di questo fatto storico, pensano che l’epoca della fondazione della colonia debba collocarsi ai tempi di Nerva, ovvero di Traiano.
Sono indotti a questa conclusione dalla considerazione che il citato Libro delle Colonie (meglio delle Regioni) è stato scritto ai tempi di Adriano, che vi è nominato, mentre, dall’altra parte, sappiamo che Festo, ai tempi di Augusto o di Tiberio, nomina Frosinone tra le prefetture.
L’argomento è ineccepibile. Però, salvo sempre il detto ragionamento, si può ancora anticipare la data di fondazione della colonia a Frosinone.
A noi sembra che essa debba collocarsi ai tempi dell’imperatore Claudio. Questa convinzione è fondata su due ragioni. In primo luogo, come abbiamo già riferito, Frosinone è elencato nel catalogo compilato sotto Claudio imperatore.
Il Pais ha fatto notare nel suo studio che il Libro delle Colonie è compilazione redatta con i cataloghi ufficiali. Se vi è nominato anche Adriano, non significa che il libro è stato scritto sotto questo imperatore, ma solo che vi furono fatte delle aggiunte posteriormente.
Se dunque Frosinone è riportato nel catalogo intestato a Claudio, bisogna concludere che esso sia stato eretto colonia sotto questo imperatore.
Una seconda ragione ci conferma in questa convinzione. «Frusinone muro dueta iter populo non debetur, ager eius veteranis est adsignatus». In questo passo Frosinone è considerato di genere femminile contrariamente all’uso dei classici.
Dalle epigrafi romane, riguardanti la colonia frusinate, emergono nominativi della gente Claudia, ossia di quella medesima a cui apparteneva il detto imperatore. Il decurione Numerio Clodio nominato nell’epigrafe n. 5662 appartiene ai Clodi.
E’ noto che questa famiglia, che fa capo a Publio Clodio Pulcro, si affiliò alla gente Claudia. Numerio e i Clodi frusinati erano sabini, come i Claudi.
Vi è poi l’iscrizione n. 5664 dedicata al «console» di Frosinone, ossia al «duumviro» Aulo Agnisio Negro.
Orbene, l’agnome Negro, che nella lingua sabina vuol dire prode, è stato assunto da uno dei Claudi.
Da questo Claudio Negro discendono gli imperatori Tiberio, Claudio, Caligola.
Trovando pertanto a Frosinone un dunmviro che porta lo stesso agnome dell’imperatore Claudio, trovando elencato il nome della colonia frusinate nel catalogo dell’imperatore Claudio, riteniamo che essa sia stata fondata sotto il detto imperatore e quindi tra gli anni 41-54 d.C.
Ma è necessario anche fermarsi a considerare la natura e lo scopo delle colonie imperiali, per intendere il nuovo ruolo assunto da Frosinone.
La nuova politica di colonizzazione fu iniziata felicemente dallo stesso C. Ottaviano Augusto.
«Coi problemi del risanamento morale e della restaurazione religiosa - scrive uno storico - va congiunto quello della ricostituzione di una popolazione agricola, vecchio sogno degli uomini di stato romani che in essa vedevano la rappresentante più genuina di tutte le virtù romane».
Svetonio nella vita di questo imperatore scrive: «Ordinata per tal guisa la città e le cose di dentro, condusse in Italia ventotto colonie per popolarle».
La politica di Augusto fu continuata dai suoi successori, Tiberio, Claudio, Nerone, dai Flavi e da Traiano.
Naturalmente le colonie imperiali erano, sopra tutto dal punto di vista giuridico, un pò differenti da quelle della prima e dell’ultima Repubblica. Ora non è più il senato a fondarle con l’inviare i triumviri per dar loro struttura e ordinamenti. All’imperatore «spettano gli atti ufficiali di concessione di cittadinanza o di costituzione di municipi o colonie».
Da ciò è facile capire che le fondazioni venivano a trovarsi in un ingranaggio di governo paternalistico. Esse costituivano il demanio dell’imperatore. Questa circostanza bisogna sottolinearla, per poter meglio comprendere come e perché poi Frosinone diventerà demanio della Chiesa romana.
Le colonie però restavano sempre un prolungamento di Roma, un’immagine e una riproduzione in piccolo dell’urbe.
Roma aveva i due consoli, le colonie i duumviri; la prima aveva il senato, le colonie l’assemblea dei decurioni, chiamati così perché rappresentanti di dieci elettori ciascuno.
Di Roma «le colonie non erano che immagini, perché ne conservavano la religione, la lingua, gli usi, i costumi, le leggi, il governo, i magistrati. Avevano esse pure il campidoglio, le basiliche, il foro come Roma, e i cittadini conservavano il diritto del suffragio e degli onori come chi restava in patria».
In altri termini erano regolate dalle leggi vigenti a Roma. Da questi brevi tratti il lettore può comprendere che Frosinone, divenendo colonia, guadagnò molto, si romanizzò interamente e si sollevò dal suo precedente stato di minorità.
Ciò è documentato dai monumenti archeologici e dalle iscrizioni finora reperiti e che risalgono all’epoca del colonato. Si tratta principalmente della statua di Marte, dell’anfiteatro e delle epigrafi riportate dal Mommsen nel Corpo delle Iscrizioni Latine.
Dall’epigrafe n. 5663 risulta che Frosinone allorché Augusto divise l’Italia in regioni, fu iscritto alla tribù Oufentina, chiamata così fin dal 318 a.C. dal nome Ufente, presso Sezze.
Con l’accennata documentazione archeologico - epigrafica possiamo formarci un’idea di Frosinone imperiale, specie se si tiene presente quanto scrive il coevo Svetonio: « e l’adornò (l’Italia) di edifizi bellissimi e di pubbliche entrate, nel diritti e nelle dignità in qualche riguardo la pareggiò a Roma: trovato modo che per i suffragi partecipasse alla creazione dei magistrati della città, ordinando che i decurioni colonici ciascuno per la sua colonia, il dì dei comizi i br voti suggellati mandassero a Roma. E acciocché in nessun luogo mancasse.
La statua di Marte fu ritrovata nel 1744 sul colle omonimo, nella via Cicernni: acquistata da gente onesta, o posterità ordinò una milizia equestre, scegliendo tra i chiedenti i raccomandati dalla loro città».
Il brano si riferisce ad Augusto, che fu imitato dai suoi successori. Ci piace sottolineare l’ultimo periodo di questa citazione, quello riguardante l’ordine equestre. In seguito, anche sotto il dominio della Chiesa romana, troveremo a Frosinone la presenza dei cavalieri. Sarà bene quindi ricordare alcune notizie.
I cavalieri ai tempi di Caio Gracco «in virtù della legge sempronia» ebbero il potere giudiziario, che poi condivisero con i senatori. Inoltre ottennero l’appalto delle rendite dello stato.
Cicerone ha per loro espressioni superlative. Frosinone pertanto veniva illustrato e retto da questi «onestissimi» elementi. E’ bello però rievocare una scena, soprattutto dopo aver ricordato la statua di Marte.
«In tutti gli anni si faceva in Roma il dì 15 luglio una cavalcata di cavalieri. Andavano essi a cavallo al Campidoglio, partendo dal tempio di Marte o da quello dell’Onore situato fuori della città».
Tenendo presente che le colonie erano una Roma in piccolo, i Frusinati possono ben vedere con gli occhi dell’immaginazione questa cavalcata dei loro antenati cavalieri, che partivano dal colle e tempio di Marte e si recavano al « palazzo» che, secondo la tradizione, sorgeva sul colle S. Maria.
Padre Ignazio BARBAGALLO Agostiniano Scalzo
(FROSINONE - Lineamenti storici dalle origini ai nostri giorni) - "Editrice Frusinate 1975"
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