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IL SANTUARIO, FRA ARTE, FEDEHE E LINEAMENTI STORICI


LA COLLEGIATA DI S. MARIA

Nel 1717 Mons. Tartagnini, venuto in sacra visita a Frosinone, trovò la Chiesa di S. Maria in cattivo stato; quindi esortò il clero e i fedeli a restaurarla. Si cominciò subito una colletta.
Anche il Consiglio conaunale, dietro particolare richiesta dello stesso vescovo, nella seduta del 6 giugno 1717 stanziò scudi 100 con venti voti favorevoli e 11 contrari. Più tardi però si pensò di ampliare la chiesa. A tale scopo furono acquistate le casette vicine e fu demolita la torre campanaria che le era affiancata per costruirla più in là.
Il 1° gennaio 1732 il consiglio comunale stanziò altri sc. 300 «per terminare la fabbrica della Chiesa Matrice». La congregazione del B. Governo in un primo momento fu contraria a questo stanziamento deliberato dal Comune, ma poi il 14 marzo 1732 l’approvò mettendo le clausole che da questo contributo la chiesa non avrebbe dovuto più accampare pretese nei riguardi dell’amministrazione civica. Era allora prefetto della Congregazione suddetta il card. Imperiali.

L’autorizzazione della consegna del denaro fu data il 20 aprile 1733 a firma di Carlo Francesco Durino, governatore generale, Gian Gaetano Pesci, Capo Priore, e Giambattista Gallina, Segretario. L’operazione fu eseguita dal cassiere Giambattista Casanova.

Nel gennaio 1740 il capitolo di S. Maria mise a sue spese le vetrate nuove nella cappella di S. Silverio, che era di proprietà comunale.

Dovendo poi metterle anche nella chiesa, si rivolse all’amministrazione municipale per averle finanziate, in luogo di quelle che aveva collocato nella cappella suddetta. Il Consiglio comunale accondiscese alla richiesta con voti quasi tutti favorevoli, dopo le «arringhe» di Fortunio Ciceroni e Francesco Antonio Pesci.
Nel 1743 erano finiti tutti i lavori di ampliamento, ma restava a finire la costruzione del nuovo campanile. Perché le elemosine raccolte a tale scopo non erano sufficienti, lo stesso popolo, forse sollecitato dal clero, ricorse al governatore generale pregandolo che facesse stanziare dal Comune altri sc. 300 «dei denari della stessa Comunità avuti di rimborso per le spese fatte nel passaggio delle truppe alemanne». Il governatore, che era monsignore Angelo Locatelli, il 13 agosto 1743 scrisse al Capo Priore: «Il Magistrato di Frosinone facci proporre nel primo Consiglio l’istanza...».

Dopo di che il consiglio comunale il 15 agosto approvò lo stanziamento richiesto con 30 voti favorevoli e 4 contrari, previe «arrenghe» di Alessandro Scifelli e Bernardino Battisti.

Anche in questo caso la congregazione del B. Governo fu in un primo momento contraria, ma, alla fine, approvò anch’essa il 28 marzo 1744, con le solite cautele dirette a non far pretendere che il comune fosse obbligato alle riparazioni della Chiesa.

In questo secondo stanziamento il consiglio comunale decise anche che fosse nominato un deputato laico che controllasse i lavori del campanile, per avere la garanzia che il denaro fosse impiegato per lo scopo richiesto e deliberato.

In tal modo Frosinone ebbe una chiesa che, «somigliando nell’architettura alla chiesa di S. Andrea della Valle di Roma», era ampia e decorosa.

I pubblici sacrifici ebbero più tardi un meritato premio; nel 1755 Papa Benedetto XIV - (Nell'immagine) - erigeva la chiesa a collegiata insigne, che perciò i frusinati chiamavano duomo.

In quel fervore cittadino l’avv. Giuseppe Bompiani da Frosinone scrisse una storia in latino della città (a. 1745), dove celebrava l’antichità della sua patria e sosteneva che in origine vi era la sede vescovile, dando luogo ad una polemica con i verolani.

Padre Ignazio BARBAGALLO Agostiniano Scalzo

(FROSINONE - Lineamenti storici dalle origini ai nostri giorni)
- "Editrice Frusinate 1975"

Per le citazioni storiche, la bibliografia ed altro, si rimanda ad una consultazione diretta dell'opera.

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