Sfogliando i registri avignonesi dei Papi incontriamo anzitutto l’atto di infeudazione di alcuni fondi frusinati a favore di
Nicola Angelo da Vico. Esso ebbe luogo il 15 ottobre 1307. Eccone le linee principali.
«Lungo la scala antistante il palazzo della rocca di Frosinone e alla presenza del signor Nicola di Giovanni, milite frusinate, di Benedetto da Celario, di Pietro della signora Rogase, di Bertraymo di Pietro Rossi, testi di Frosinone chiamati e pregati per quest’atto... si concedono in feudo a Nicola Angelo da Vico, diocesi di Alatri, cameriere e ostiario del Papa, i beni posti nel territorio di Frosinone e già appartenenti a Nicola Passamonti, Bartolomeo Scrinario e Nicola Viviano... e cioè case, vigne, oliveti, prati, terre colte e inoltre altri beni immobili... Questi fondi erano soliti darsi dal rettore della provincia a
feudatari laici ed erano ritornati a disposizione del rettore per l’avvenuta morte dei precedenti feudatari...
Il rettore di Campagna e Marittima Beltrado de Saviacho, nipote di Clemente V, commise il mandato di procedere a questa nuova infeudazione al Maestro Giovanni "Socii", rettore nello spirituale, e a Bernardo di Ugone, damigello e vicario nel temporale nelle province di Campagna e Marittima... Tali beni venivano concessi per consuetudine dal rettore della provincia a nome della Chiesa; essi però non appartengono alla Camera Apostolica, ma solo si ricavano da essi alcuni servizi... La concessione viene fatta sotto le consuete e debite prestazioni e sotto un censo da corrispondere alla Chiesa».
Il lettore si accorgerà subito che in questo atto si rincontrano nomi già noti. Tali sono Bertraymo e Viviano che troviamo nella locazione del 5 settembre 1207, un secolo prima di quella di cui parliamo, Bartolomeo Scrinario, di cui abbiamo fatto particolare menzione e che aveva ricevuto in feudo i fondi di cui si parla il 18 agosto 1256.
Gli studiosi poi hanno in quest’atto la possibilità di allargare le ricerche e le conoscenze su Frosinone.
A noi qui basta averlo segnalato.
"ALLEANZA CON ALATRI"
Col citato atto di infeudazione siamo stati portati all’anno 1307. Ma quell’anno ci richiama un altro atto, l’alleanza di Frosinone con Alatri deliberata dal popolo in piazza S. Benedetto il 7 novembre 1307.
Per comprenderne il significato bisogna richiamare alla mente l'antefatto.
Dopo la morte di Bonifacio VIII (11 ottobre 1303) si formò una lega contro la famiglia Caetani, promossa da due anagnini di nostra conoscenza, Adinolfo e Nicola di Mattia.
L’Ambrosi giustamente biasima questa guerra di anagnini contro la propria città dove dominavano i detti Caetani.
La lotta investì le province di Campagna o Marittima.
Tra gli alleati anti - caetani o anti - bonifaciani si schiearono anche Ferentino e Alatri.
Quest'ultima città, allorché la Chiesa promosse un’azione di pacificazione tra le opposte fazioni, abbandonò la lega, passò tra i bonifaciani e cercò di mettersi a capo dell’azione promossa dalla Chiesa.
E’ a questo punto che Frosinone entra in scena e decide di mettersi al fianco di Alatri.
Diamo la parola allo storico di questa città: «Il popolo convocato a parlamento in Piazza S. Benedetto, per ordine di maestro Giovanni di Dionisio da Fumone, rettore del castello per Bernardo de Duc, vicario generale del rettore di Campagna e Marittima, nominava suo procuratore maestro Bono col mandato di promettere in perpetuo, non solo di mandare i suoi rappresentanti al parlamento di Alatri, ma anche di fare guerra e pace a richiesta di essa...
Frosinone si riservava il diritto di portare sulle
bandiere le armi proprie insieme a quelle del Comune e faceva altresì espressa riserva per l’onore e il comando del rettore di Campagna e Marittima».
Questo atto ci conferma la funzionalità del parlamento, implicitamente la presenza a Frosinone del rettore della provincia, la sua devozione alla Chiesa promessa con gli atti del 1283 - ‘84 sopra ricordati, il ruolo di pacificazione dei frusinati.
Il sopra nominato Bernardo de Duc, vicario generale del rettore della provincia, pare che sia stato ucciso da elementi ghibellini, quando giunse sul luogo la notizia che stava per venire in Italia l’imperatore Enrico VII.
La cosa è verisimile, perché Frosinone «demanio speciale della Chiesa», era guelfa.
"IL CANONICO PAOLO PALEARIO"
Paolo Paleario da Frosinone era baccelliere di diritto civile. Aveva un beneficio perpetuo nella chiesa di S. Benedetto che non superava il valore di un’oncia d’oro annua.
Con lettera del 12 febbraio 1330 gli vengono conferite due chiese nella diocesi di Aversa. Questo documento è importante per diversi motivi:
1) La concessione delle due chiese viene effettuata «in considerazione di Sancia, regina di Sicilia». Questa circostanza documenta quanto abbiamo affermato sopra sul vantaggio ricavato dai frusinati dalla politica di Roberto d’Angiò. Il caso però non è isolato: ce ne sono molti altri.
Essi, a dire il vero, iniziano il 26 maggio 1264, quando il Papa francese Urbano IV commise al Vescovo di Ferentino il compito di procurare a Egidio, figlio di Giovanni da Frosinone, un beneficio con o senza cura d’anime, nel regno di Sicilia.
Nel secolo XIV il conferimento di tali benefici diventa più frequente.
2) La concessione delle due chiese al nostro Paolo Paleario viene fatta «nonostante il canonicato a Tricarico (Matera) e il godimento di un beneficio perpetuo in S. Benedetto di Frosinone». Siamo di fronte al tipico fenomeno di quel secolo, quando si presero ad accumulare benefici ecclesiastici su un solo individuo.
Quasi non bastassero i tre mentovati benefici, con altre lettere ai pari data, Giovanni XXII affida il mandato agli abati delle chiese secolari di S. Giorgio martire in Napoli e di S. Nicola a Frosinone di conferire a Paolo Paleario il canonicato della chiesa di S. Bartolomeo in Pastina e la chiesa di S. Pietro dello stesso luogo.
Si tratta dunque di un individuo che godeva di cinque benefici sparsi nelle Puglie, nella Campania e nella Ciociaria. E’ un episodio emblematico. Possiamo quindi concludere questo paragrafo affermando che se l’infeudazione a Nicola Angelo da Vico apre una finestra sulla vita interna di Frosinone, il caso di Paolo Paleario ci dimostra come la crisi ecclesiastica, nata dalla cattività avignonese, abbia anche investito il clero frusinate.
Padre Ignazio BARBAGALLO Agostiniano Scalzo
(FROSINONE - Lineamenti storici dalle origini ai nostri giorni) - "Editrice Frusinate 1975"
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