Un’espressione concreta dell’attività restauratrice, svoltasi nei tempi di cui parliamo, è la ricostruzione a Frosinone del palazzo della Delegazione Apostolica. Parlare di questo edificio è interessante per le diverse notizie che esso ci fa acquistare.
Anzitutto bisogna ricordare che il progetto del nuovo palazzo si conserva all’archivio di Stato di Roma.
Esso fu elaborato dall’architetto L. Mazzarini e porta la data dell’agosto 1825. Ma fu mandato in esecuzione dall’arch. Antonio Sarti da Modena (1797-1880). Nelle osservazioni è detto che il palazzo della Delegazione si pensava costruirlo sull’area dell’antica Rocca, per beneficiare delle vecchie fondazioni, già solidificate, atteso che il suolo era soggetto a dei cedimenti.
L’antica rocca aveva il portone principale costruito su disegno del Michelangelo. Per questa ragione si doveva conservare nel nuovo edificio: «Si conserva il vecchio portone, disegno di Michelangelo, per la fortezza del suo carattere, ed a questo si adatta tutta la costruzione di prospetto, vestendolo di cortina in pietra concia, della quale se ne ha sufficiente qualità nella demolizione di vecchio fabbriche».
Il prospetto dell’antica Rocca, che dava in Piazza S. Benedetto (della Libertà), era appoggiato a delle torri, che le davano l’aspetto di una fortezza. Nel nuovo edificio non vengono ricostruite le torri, ma viene conservato il carattere di fortezza: «Si è creduto di muovere la linea di prospetto del palazzo secondo l’andamento delle antiche torri, per imprimere nella! nuova fabbrica l’dea di Rocca, che si conviene alla residenza del Governo».
Sia nel precedente edificio, come in quello che fu costruito per la Delegazione, vi erano le carceri al lato sinistro e gli uffici dell’amministrazione del governo provinciale sull’ala destra, guardando dalla detta piazza.
La Rocca possedeva al centro del fabbricato un cortile che seguiva una linea irregolare dalla parte del governatorato. Nel nuovo edificio invece vengono rilevati due cortili regolari - (Cerchio rosso). Nel luogo dove ora sorge il palazzo delle P.T. vi era la casa Ciceroni - (Cerchio azzurro), fiancheggiata da due orti. Col nuovo progetto furono rilevati «un pubblico casino» e la «pubblica passeggiata presso le mura della città».
Nell’area dove ora vediamo la Banca d’Italia c’era la chiesa di
S. Lucia - (Cerchio giallo). Con i nuovi lavori fu ricostruita dove sorge attualmente e, al suo posto, fu edificato il palazzo della gendarmeria.
Guardando lo stesso edificio dall’attuale piazza Vittorio Veneto, si vedevano due strade laterali. Entrambe furono chiuse da porte, per dare a tutta la costruzione l’accennato carattere di fortezza. La strada posta sulla sinistra di chi
guarda da piazza Vittorio Veneto si chiamava via S. Lucia fino alla chiesa di S. Benedetto - (Cerchio verde) - e poi era detta strada Grande.
La strada principale che passa per piazza Vittorio Veneto e prosegue ora col nome di Corso della Repubblica era allora chiamata Strada Nuova, perché era stata costruita da poco.
I lavori furono diretti dall’arch. Antonio Sarti da Bologna venuto a Frosinone per interessamento del prefetto della Buongoverno, cardinale Dantini.
La costruzione del nuovo palazzo della Delegazione costò 90.000 scudi.
Se ne resero benemeriti il già nominato Benvenuti, che lo volle e pose la prima pietra, il pro-tesoriere generale, card. Antonio Tosti, che nel 1839 fu protettore della città e
il delegato apostolico Marcello Orlandini. Il grosso dei lavori, e cioè il palazzo, fu ultimato nel 1835, ma l’opera di rifinimento si protrasse fino al 1840, mentre l’inaugurazione ebbe luogo nel 1841. Il Moroni, dopo aver parlato sinteticamente di questa realizzazione, aggiunge: «Anche i privati cittadini a pubblico ornato, hanno eretto moderni e regolari edifizi».
Sul portone d’ingresso all’attuale palazzo della Prefettura si legge ancora la lapide latina che fu innalzata a ricordo di detta costruzione. Tradotta, suona così:
Questo palazzo della pubblica Prefettura
Iniziato nell’anno MDCCCXXVIII
Dopo lunga interruzione
Per cura e insistenza del card. Antonio Tosti
Proprefetto del Tesoro e patrono di Frosinone
E di Marcello Orlandini Preside della Provincia
Pu ripreso alacramente
Finito, Abbellito, nell’anno MDCCCXXXXI
col denaro dell’Erario e del Municipio.
Dunque anche il neoclassicismo dette la sua impronta a Frosinone.
FROSINONE CITTA’
Il suggello però dell’opera restauratrice post-napoleonica ci sembra di doverlo scorgere nella conferma pontificia del titolo di città dato a Frosinone.
A suo luogo abbiamo ricordato che questa qualifica si riscontra per la prima volta nella donazione compiuta da Amato e Bona il 15 dicembre 1081, dove Frosinone è chiamato ripetutamente città. Lo stesso appellativo viene dato nella raccolta degli Atti dei Concili stampati a Colonia nel 1551. Ma c’è dippiù. Nel già riportato breve del 6 maggio 1513, col quale il Camerlengo della Chiesa Romana conferma a nome di Leone X gli statuti comunali, Frosinone è chiamata città. In altri successivi documenti romani si trova pure lo stesso titolo.
Però se ormai nell’uso veniva qualificata come città, mancava tuttavia una patente esplicita. Si aggiunga dall’altra parte che i verolani avevano parlato nei riguardi di Frosinone di «treviale qualità del luogo».
Si rendeva dunque necessario tagliare la testa al toro. L’occasione si presentò favorevole quando Leone XII pubblicò il Motu Proprio del 21 dicembre 1827, col quale si prefiggeva un nuovo riordinamento dello Stato.
Il 27 gennaio 1828 il Gonfaloniere e gli Anziani del Comune inoltrarono alla Segreteria di Stato l’istanza per ottenere la conferma del titolo di città. La richiesta era motivata con diverse ragioni: perché l’aveva avuto anticamente, perché
diversi scrittori le danno questo titolo, perché in molti documenti della S. Sede è detta città e, finalmente, perché dal sec. XIII è sede del rettore della provincia di Campagna e Marittima.
Nel leggere l’istanza, vi si scorge travasato quanto aveva scritto e sostenuto l’avv. Giuseppe Bompiani verso la metà del sec. XVIII e quanto, con maggiore autorità, aveva stampato il De Matthaeis nel suo Saggio Istorico.
Le stesse motivazioni sono poi passate nel breve di concessione che riportiamo in fotocopia. L’istanza fu vagliata attentamente. L'11 giugno 1828 il Consiglio Comunale si riunì nuovamente e inoltrò una seconda domanda. Questo secondo consiglio fu presieduto, a nome del Delegato della Provincia, dall’avv. Erasmo Diamanti, padre di Domenico, il futuro primo sindaco di Frosinone dopo l’unità d’Italia.
Il Papa accolse favorevolmente l’istanza il 19 settembre 1828, nell’udienza concessa al cardinale Segretario di Stato.
Il 29 novembre dello stesso anno il pro-segretario Bernetti scrive al Sostituto per i Brevi dicendo: «occorre che sia spedito un Breve nel quale si confermi a quel Comune il titolo di città con tutti i privilegi, e prerogative annesse a tale denominazione a forma del Motu Proprio della Santità di N. Signore del 21 dicembre 1827».
La data del breve di concessione è del 9 dicembre 1828.
A norma del tabellario, il Comune avrebbe dovuto pagare scudi 147 e baiocchi 40, ma, dietro richiesta di riduzione inoltrata dall’amministrazione municipale, pagò solo 70 paoli - (il paolo era un decimo di scudo). Così è annotato nel volume della Segreteria dei Brevi.
Il 14 dicembre 1828 si tenne il Consiglio Comunale con la partecipazione
di 33 consiglieri su un totale di 48. In esso il relatore Nicola Iannini, dopo aver comunicato che la spesa totale era di scudi 147,40, debitamente pagati da Domenico De Matthaeis, come da ricevuta del 10 dicembre, propose l’esito di altri 60 scudi, da destinare scudi 30 «per il saldo dell’importo del breve» e scudi 30 da rimettere al nominato Domenico De Matthaeis «per una piccola ricognizione... nonostante la di lui dichiarazione di non riscuotere alcun compenso per gli incommodi e serie occupazioni sofferte». Inoltre aggiungeva: «di più sono di parere che la Magistratura debba attestargli la pubblica riconoscenza per il gran zelo, ed impegno spiegato per l’onore e lustro della Patria».
Il 1828 dunque è una data importante per la storia di Frosinone. In questa circostanza si è resa benemerita la famiglia De Matthaeis. Infatti le tesi di Giuseppe indussero a far riconoscere il titolo di città e l’interessamento del fratello Domenico fece giungere in porto la pratica per il riconoscimento suddetto.
Padre Ignazio BARBAGALLO Agostiniano Scalzo
(FROSINONE - Lineamenti storici dalle origini ai nostri giorni) - "Editrice Frusinate 1975"
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