VERTENZA TRA COMUNE E I RELIGIOSI DELLA MADONNA DELLA NEVE
L’amministrazione comunale, come abbiamo già detto, per poter ottenere la fondazione di una casa religiosa annessa al Santuario della Madonna della Neve, si era impegnata a versare sc. 60 annui per il mantenimento dei religiosi. Al momento dell’impegno, ossia nel 1680, il bilancio del comune era in attivo di sc. 200. Inoltre si aveva in programma di investirne altri 700 per accrescere le pubbliche entrate.
Però fin da quando gli Ag.ni Scalzi misero piede a Frosinone il comune non corrispose mai gli sc. 60 annui. Forse si credette esonerato dal fatto che la provincia religiosa di detti frati si era impegnata ad integrare la somma necessaria per il mantenimento della comunità.
I religiosi con le buone maniere spiegarono che i confratelli avrebbero solo supplito a quanto mancava alla somma che avrebbe dovuto dare il comune e a quello che rendevano i fondi della chiesa, per raggiungere i necessari sc. 200 preventivati.
Ma gli amministratori non se ne davano per inteso. In occasione dell’incoronazione dell’immagine
(31 maggio 1694), i religiosi chiesero che almeno dessero loro sc. 30 annui.
Questa proposta ebbe seguito e la Congregazione del B. Governo l’aveva approvata a condizione che fosse stata consenziente la congregazione dei VV. e RR.
Questa però non prese neppure in considerazione la nuova proposta e quindi fu bloccata. Nel 1704 il consiglio comunale si dichiarò pronto a corrispondere sc. 30 annui, purché i religiosi rinunciassero
al chirografo del 20 luglio 1680.
Ma, poiché la congregazione dei VV. e RR. non era stata favorevole, i religiosi non potevano rinunciarvi. In questo modo il comune continuò a non dare nè i 60, nè i 30 sc. annui.
Dopo tanto «tira e non molla», i religiosi nel 1759 ricorsero, prima alla A. C. e poi alla congregazione del B. Governo. Il ricorso a quest’ultimo dicastero è del 30 gennaio 1760.
Era loro avvocato e procuratore Simone Angelini. Il Consiglio comunale nella seduta del 18 aprile 1762 stabilì di corrispondere sc. 25. Però in un altro consiglio del 2 maggio successivo decise di rivolgersi a due avvocati romani per sapere se la loro deliberazione del 18 aprile non fosse contraria agli interessi del comune.
Seguono delle trattative tra frati e comune e, finalmente il 28 agosto 1762, si ottiene il beneplacito apostolico per stipulare un concordato per sc. 25 annui. Subito dopo però il comune chiede la sospensione di quel beneplacito e fa istanza che la questione venga portata alla S. Rota. Gli amministratori spiegano il perché del loro agire: nel consiglio del 18 aprile 1762 i consiglieri contrari a detta tassa cedettero «ripiena essendo in quel giorno la sala di proclamatori e fautori dei frati senza riflettere a loro stessi, et al popolo sommamente aggravato». Inoltre viene contrapposta «la necessità della comunità nostra a fronte dell’opulenza dei religiosi».
Naturalmente gli amministratori del comune gonfiavano un pò le cose dall’una e dall’altra parte. Che non avessero la possibilità di corrispondere gli sc. 25 è smentito da una
deliberazione comunale del luglio 1760, nella quale stabilirono di chiamare i cappuccini per la fondazione di un altro convento e di corrispondere loro sc. 30 annui e da un’altra simile del 27 giugno 1762 con la quale fu deciso di far venire i Francescani Riformati alle stesse condizioni.
Che i frati poi fossero nell’opulenza è smentito dal fatto che essi avevano molti censi passivi e
spesso ricorrevano al pignoramento di preziosì per fronteggiare situazioni di emergenza.
In questa vertenza il governatore della provincia sostenne la tesi degli Ag.ni Scalzi. La lite fu chiusa con un atto di transazione autorizzato dalla congregazione del B. Governo, il 4 settembre 1762. Il comune si impegnò a dare sc. 20 annui, mentre i frati rinunziarono alle pretese di avere gli sc. 60 concessi nel chirografo di fondazione del 20 luglio 1680.
Padre Ignazio BARBAGALLO Agostiniano Scalzo
(FROSINONE - Lineamenti storici dalle origini ai nostri giorni) - "Editrice Frusinate 1975"
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