Il convento della Madonna della Neve nel sec. XIX fu designato più volte come lazzaretto. La sua ubicazione extraurbana si prestava allo scopo.
Tutti sanno quanto sia stato micidiale e spaventoso il vibrione colerico. La mortalità nelle varie epidemie è andata dal 30 al 70% dei colpiti.
Non è dunque da meravigliarsi se ogni volta che si segnalasse l’avvicinarsi del morbo le autorità sanitarie facevano tempestivamente ricorso ad energiche precauzioni.
Il nostro convento fu dichiarato ospedale per colerosi una prima volta nel maggio del 1817 e poi nel 1837. I religiosi assunsero atteggiamento differente nei due casi. La prima volta cercarono di opporsi. La seconda invece si dichiararono contentissimi di poter dare questo servizio alla collettività. L’opposizione mossa nel 1817 è spiegata dalle condizioni morali in cui si trovava la comunità. Abbiamo già ricordato che i religiosi erano in causa col De Sanctis per fargli lasciare liberi i locali del convento. Egli occupava il primo piano. La ordinanza emessa dall’allora gonfaloniere della città Domenico Scifelli designava ad uso di ospedale il secondo piano proprio quello che allora abitavano i religiosi. Quindi questi pensarono che ci fosse stato lo zampino del De Sanctis.
Difatti ai primi di giugno del detto anno fecero il ricorso al Segretario di Stato card. Ercole Consalvi, significando chiaramente quello che essi pensavano, chiedendo che fosse annullata l’ordinanza del gonfaloniere e suggerendo di adibire come ospedaletto per i «tifosi» la Torre Battisti, che non era abitata, trovavasi isolata, e quindi non ci sarebbe stato pericolo per nessuno.
La segreteria di Stato il 9 giugno 1817 inviò l’istanza al delegato della provincia per le necessarie informazioni e parere.
Il delegato chiese il giudizio del medico Dott. Pacifico Sebastianelli e del deputato ecclesiastico arcidiacono Antonino Cerroni. Questi espressero il loro voto il 13 dello stesso mese dichiarando che era giusta l’ordinanza del gonfaloniere, perché la Torre Battisti era inagibile in quanto trovavasi adibita a fienile, in condizioni fatiscenti e in una zona poco salubre; mentre al convento della Madonna della Neve c’era comodità materiale e spirituale, senza pericolo per i religiosi. Il Delegato inviò il 15 le dette informazioni alla Segreteria di Stato.
Il provvedimento del gonfaloniere rimase quindi in piedi. Fortunatamente il pericolo del tifo segnalato da Ceccano si allontanò presto.
Totalmente differente fu l’atteggiamento dei religiosi nell’epidemia del 1837.
Il colera che si affacciò a Frosinone in quell’anno si era manifestato a Napoli nell’ottobre 1836 e durò fino al settembre 1837, mietendo 23.472 vittime.
La deputazione comunale Sanitaria, con le debite autorizzazioni delle autorità superiori, il 16 novembre 1836 comunicò al priore P. Raffaele Giustini che «venga convertito in uso di ospedale per i colerosi nel caso di disgraziato avvenimento il di lei convento della Madonna della Neve con la sacrestia e la Chiesa a condizione che venga restituito come si consegna...».
Il priore il 23 dello stesso mese rispose che era contento della disposizione dell’autorità sanitaria, si dichiarava ancora una volta pronto a servire «i bisognosi in qualunque ufficio di questo ospedale» e partecipava che tutti i suoi religiosi erano pronti a fare altrettanto.
Inoltre aggiungeva che per la loro opera i frati non desideravano altro che il vitto, a titolo di elemosina, perché «si ama da noi che tutte le azioni siano dirette al tutto beneficio delle anime da un Dio redente, alla maggiore gloria sua».
Questo esempio di solidarietà umana e cristiana non fu un caso sporadico. I religiosi della Madonna della Neve furono sempre pronti a servire gli ammalati anche nel 1817 quando pensarono bene di opporsi alla requisizione sanitaria del loro convento.
Ce ne dà testimonianza l’affermazione resa l’anno appresso dall’avvocato Camillo Ordognes: «Li buoni frati religiosi sempre pazienti sempre uguali a loro stessi, unirono alla vita d’obbedienza e della tolleranza anche la spontanea caritatevole assistenza agli infermi sempre bisognosi di spirituali soccorsi».
Padre Ignazio BARBAGALLO Agostiniano Scalzo
(FROSINONE - Lineamenti storici dalle origini ai nostri giorni) - "Editrice Frusinate 1975"
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