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TERRA CIOCIARA: STORIA - URBANISTICA - FOLKLORE - AMBIENTE


IL NEOCLASSICISMO A FROSINONE

"NUOVI LAVORI IN CITTA' "

Bisogna convenire che il periodo della restaurazione post–napoleonica dette un nuovo volto a Frosinone. Infatti furono eseguiti importanti e fondamentali lavori che le dettero un aspetto più bello. Dobbiamo soprattutto ricordare le vie che oggi portano il nome di Marco Minghetti, Corso della Repubblica, Giovanni Amendola, Via Roma e Cesare Battisti.

Alle strade bisogna aggiungere il palazzo della Delegazione apostolica, quello della Gendarmeria, oggi della Banca d’Italia, e la chiesetta di Santa. Lucia.

Il neoclassicismo ebbe a Frosinone una bella affermazione. Rievochiamo dunque qualche particolare di queste realizzazioni.

La Via Marco Minghetti

Planimetria ottocentesca Archivio di Stato - FrosinoneFino al 1800, venendo da Roma, si entrava nella nostra città attraverso Porta Romana, oggi Garibaldi, e si sfociava in piazza della Valle, cioè nell’attuale piazza Garibaldi. Da essa non si poteva svoltare a destra per la Via Marco Minghetti, perché non esistente e perché nel punto dove oggi s’incontrano le tre strade v’era una casa privata che univa il lato destro di piazza Garibaldi col fabbricato che fa angolo con la via Cavour. La via centrale era quella che oggi si chiama via Garibaldi, per un tratto, e via Angeloni, per l’altro.

Il 3 aprile 1802 il Consiglio Comunale, presieduto da Mons. Luigi Lancellotti preside della Provincia, deliberò di aprire una strada che unisse piazza della Valle e piazza della Rocca, ossia i due centri dove si svolgevano i mercati del giovedì.
L’intento principale era quello di dare la possibilità di costruire nuove case con migliore ordine di quanto accadeva in quel periodo di ripresa nei borghi S. Salvatore e S. Martino.

La proposta fu approvata con 28 voti favorevoli e due contrari ed ebbe anche la conferma della Congregazione del Buon Governo il 10 aprile 1802 a firma del cardinale Busca. In quello stesso anno fu demolita la casa che chiudeva piazza Garibaldi, fu dato l’esproprio a coloro che possedevano orti dove doveva nascere la strada e fu costruito il primo tronco fino all’altezza del vicolo Bastione, con una spesa di scudi 157 e bajocchi due.

A questo punto i lavori si fermarono per le difficoltà in cui venne a trovarsi lo Stato Pontificio a causa della politica napoleonica.

Il piano fu ripreso nel 1816 e nella seduta del Consiglio Comunale del 15 agosto, tenutasi con la partecipazione del preside della Provincia Mons. Onorato Bres, fu deciso di ultimare la strada progettata nel 1802 fino a piazza della Rocca, oggi della Libertà. Però i lavori dovettero presto arrestarsi perché il 1817 portò con sé prima la carestia e poi la peste. Si poté quindi costruire un secondo tronco fino all’altezza dell’attuale cartolibreria Cataldi.

Elaborazione - Demolizioni urbane fra Piazza Garibaldi - Via Minghetti - Frosinone Elaborazione - Demolizioni urbane fra Piazza Garibaldi - Via Minghetti - Frosinone

"Ricostruzione del piano delle demolizioni in Piazza Garibaldi"

La sosta si prolungò più del previsto per il rigurgito del banditismo e per l’insurrezione napolitana (luglio 1820 - marzo 1821) che ebbe le sue ripercussioni nello Stato Pontificio.

Finalmente nella seconda metà del 1821 viene ripreso per la terza volta il progetto. L’impresa fu incoraggiata e sostenuta dal nuovo capo della Provincia, il Delegato Mons. Giuseppe Zacchia. Purtroppo la realizzazione non fu cosa semplice. Ci fu un individuo che si dette a tempestare di lettere anonime il prefetto della Buon Governo e il Segretario di Stato. I contemporanei seppero il nome, ma noi l’ignoriamo.

Via Minghetti - FrosinoneQuesti presentava l’opera intrapresa come un arbitrio, una rivolta all’autorità centrale e contraria al bene della città. Ci volle del bello e del buono per tranquillizzare le autorità di Roma. All’archivio di stato di Roma si conserva il grosso fascicolo del carteggio, cui dette luogo l’azione dell’anonimo diffamatore.

Dalle relazioni accorate che inviava il Delegato sappiamo che l’ultimazione della strada era voluta da tutta la cittadinanza: dal popolo che prestava la sua opera manuale e dai nobili che vi facevano trasportare la breccia con le loro «barozze» dal sottostante fiume Cosa.

I deputati comunali scelti per l’esecuzione del lavoro furono quelli che lo erano stati precedentemente, cioè Sebastiano De Sanctis, capo-conservatore, il capitano Nicola Riva Andreotti e Domenico Antonio Guglielmi, vice-capo conservatore.
L’impresario, come nei lavori precedenti, fu Cristoforo Apolloni. Mentre i lavori del 1802 e 1816 furono sottoposti alla visione del «capacissimo» maestro di scuola D. Francesco Mayster, quelli dell’ultima fase vennero diretti dall’ingegnere della Delegazione, Agostino Cavara, bolognese.

Per completare il quadro sulla natura di quest’ultimo lavoro faremo notare che per la costruzione del terzo tronco fu necessario demolire la casa De Carolis che si trovava poco prima di giungere all’attuale piazza Vittorio Veneto e sbancare il terreno all’imbocco di via Plebiscito, in modo che la nuova strada si congiungesse con piazza della Rocca, oggi della Libertà.

Dove oggi si stende la menzionata piazza Vittorio Veneto vi era allora un semplice greppo, attraversato da un fosso, o chiavica, per lo scolo delle acque, su cui passava un ponticello di legno.

Via Amendola e Corso della Repubblica.

Mentre pendeva la vertenza sopra accennata per l’esecuzione del terzo tronco della strada piazza della Valle - piazza della Rocca, il Delegato della provincia non volle stare con le braccia conserte. Pensò di utilizzare l’opera dei carcerati per aprire una nuova strada. Il lavoro dei detenuti per utilità pubblica era previsto e, in alcuni casi, comandato dal codice penale del tempo. Mons. Zacchia quindi pensò di occupare i carcerati e così Frosinone ebbe la via oggi intitolata a Giovanni Amendola che va dal corso della Repubblica a via Maccari.

Corso della Repubblica - FrosinoneQuando poi si chiuse la questione, sorta a causa delle lettere anonime, si pose mano per creare un’altra strada, quella che oggi si chiama Corso della Repubblica.

A dir vero essa era virtualmente contenuta nel progetto del 1802, ma in un primo momento si parlò solo della prima parte. Si era però partiti con l’idea di tracciare ad occidente della città una strada analoga a quella della parte orientale, cioè alla via Garibaldi - Angeloni, per poter così effettuare una via circolare completa. Questo disegno prese corpo nel 1822 dopo l’ultimazione delle precedenti.

Prima che fosse aperto il tronco del corso della Repubblica che va da piazza Vittorio Veneto al Largo Turriziani, la zona si presentava nel modo seguente: sulla destra di chi guarda la chiesa di S. Lucia, dove prima della guerra sorgeva il monumento ai caduti, vi era il «Belvedere», a cui si accedeva dal centro mediante la via che oggi si chiama Vincenzo Bracaglia.

Da questo Belvedere al secondo tronco del Corso della Repubblica, Largo Turriziani- IV Novembre, correva un sentiero circondato da siepi che in qualche punto ostruivano il passaggio.
Su questo sentiero gli amministratori del 1822, il gonfaloniere Nicola Tannini e il Delegato Zacchia, fecero nascere il corso attuale. In una lettera di quest’ultimo al card. Cavalchini, prefetto del Buongoverno, è affermato che questa zona era per Frosinone, «fatte le debite proporzioni», quello che è il Pincio per Roma.

Le realizzazioni degli anni 1821 - 1823 fanno vedere che fino a quell’epoca Frosinone era ancora un piccolo centro, ma che si avviava ad un evidente incremento.

La Via Roma - Cesare Battisti

I lavori a cui abbiamo accennato non furono né gli unici, nè i maggiori di quelli effettuati nel periodo della restaurazione. Il più importante fu certamente quello della ricostruzione del palazzo della Delegazione. Di questo ne tratteremo a parte. Giacché abbiamo parlato di strade, qui sarà bene dire qualcosa della Via Roma - Cesare Battisti, che sale serpentinamente dal Ponte della Fontana alla Via Marco Minghetti.

Quest’opera fu realizzata negli anni 1830 - 1831, a coronamento dei vasti lavori stradali che furono compiuti a cominciare dal 1828.

Viale Roma - FrosinoneIn una relazione del Delegato, datata 7 maggio 1828 e corredata dalle dichiarazioni dei vescovi viciniori, è affermato che da circa 25 anni, cioè da prima dell’occupazione francese, non si riparavano convenientemente le strade provinciali. In quell’anno il Comune di Frosinone riparò la via S. Elisabetta, oggi Giordano Bruno, quella della Madonna della Neve e un’altra suburbana, per una spesa totale di scudi 202. In quest’epoca era gonfaloniere Francesco Molella. Siamo all’anno in cui Frosinone ebbe confermato il titolo di città, di cui parleremo più sotto.

Due anni dopo il raggiungimento di questo traguardo si volle rendere l’accesso alla città meno ripido e più largo. Il progetto del lavoro fu preparato dal già nominato ingegnere della Delegazione Agostino Cavara e rivisto dall’architetto Antonio Sarti (1797 - 1880), che dirigeva i lavori del palazzo della Rocca.
Il preventivo della spesa era di scudi 12.917,72. Per l’esproprio dei terreni erano stati calcolati scudi 1.680,64, ma fu necessario un supplemento di scudi 976,64. Anche in questa circostanza ci fu chi cercò di speculare sull’esproprio: Sebastiano De Sanctis.

Lungo il pendio sul quale corre sinuosamente la strada avevano proprietà, oltre il De Sanctis, Domenico Bompiani, Filippo Renna, Bonaventura De Angelis, Antonio Borsa, Gregorio Ricci. Il consuntivo fu di circa 2.000 scudi superiore al preventivo, come si rileva dalla lettera del 17 febbraio 1831, con la quale la Buongoverno autorizza altro supplemento di spesa di scudi 704.

Padre Ignazio BARBAGALLO Agostiniano Scalzo

(FROSINONE - Lineamenti storici dalle origini ai nostri giorni)
- "Editrice Frusinate 1975"

Per le citazioni storiche, la bibliografia ed altro, si rimanda ad una consultazione diretta dell'opera.

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