Le prefetture romane negli ex municipi erano come i nostri regimi commissariali nei comuni.
Vi erano però due tipi di prefetture. Quelle di prima e quelle di seconda classe.
Nelle prime il prefetto era nominato dal senato e dal popolo di Roma; nelle altre invece era nominato dal pretore dell’Urbe.
Il regime prefetturale veniva adottato, come abbiamo già accennato, quando le città sottomesse a Roma si rendevano indegne delle libertà loro accordate. «Cotal soggezione era castigo dato alle città, che dimostrate eransi ingrate verso il popolo romano, come Calatia (Caiazzo), Capua ed altre.
Esse non godevano né dei diritti delle città libere nè di quelli delle colonie... perduti i loro diritti, dipendevano dagli editti del prefetto, ed il loro stato politico dal senato romano, il quale esigeva da esse delle tasse e delle prestazioni di guerra a suo piacere».
Triste era dunque la situazione delle popolazioni, già libere, nelle prefetture, specie in quelle di seconda classe o pretoriane.
Nel primo momento avranno detto di sè quello che nel coro dell'Adelchi il Manzoni dice degli italiani: «volgo disperso che nome non ha».
E' vero che le prefetture erano costituite da cittadini romani, ma a quell'epoca non potevano i frusinati sentire l'orgoglio di quella cittadinanza, molto più che non avevano voce in capitolo, perchè erano senza suffragio.
Da quel momento dunque Frosinone non ebbe una sua volontà, una sua personalità, un suo nome, ma solo quello del prefetto inviato dal pretore di Roma.
Nella storia successiva a quel duro provvedimento non è nominato, nè in alcun momento della terza guerra sannitica (299 - 290 a.C.) nè in alcuna fase di quella tarantina (280 - 166), nè durante la prima guerra punica (246 - 241), e, quello che più sorprende, neppure dopo le battaglie annibaliche della Trebbia e del Trasimeno.
Viene solo nominato da Silio Italico in occasione della battaglia di Canne (VIII, 398).
Eppure anche nelle su accennate infauste imprese, Frosinone dovette vedersi privata dei suoi giovani figli. Ma c'è di più. I frusinati andarono a combattere e a morire a Canne. Il citato Silio Italico afferma che vi accorse «la guerriera Frosinone adusa al pesante aratro».
Eppure, nei movimenti politici nati dopo quella disfatta, vengono nominate città e paesi, ma mai Frosinone.
Allorchè i consoli pensarono di prendersi la rivincita sul fronte di Sicilia e vi trasportarono due legioni di veterani, scoppiò una vera rivolta nelle città latine e italiane.
Tito Livio ci parla di «magni motus» e di «fremitus».
Ormai, dopo 10 anni di coscrizioni militari e di continue tasse, erano esauste. Ben trenta colonie, e, si noti bene, colonie romane, si rifiutarono di sacrificare vite e denaro.
Dodici di esse inviarono a Roma i loro deputati per dichiarare ai consoli il loro rifiuto.
Tra queste città c'erano anche Sora, Sezze e Circeo. Le altre 18 colonie, che non inviarono i loro deputati, furono rappresentate dal fragellano (quindi ciociaro) M. Sextilio. Questi assunse una posizione opposta a quelle delle precedenti 12 colonie. Egli esclamò: «Noi siamo pronti a dare quello che si richiede e, se necessario ancora di più, daremo di più: tutto ciò che vorrà chiedere o comandare il popolo romano, noi lo faremo».
Tra il gruppo di queste città, che Tito Livio volle immortalare, figurano Segni, Norma e Fregelle. Frosinone però non compare in nessuna dell due liste. Esso non era colonia, non era città federata a Roma, ma semplicemente prefettura pretoriana.
I suoi figli quindi venivano inviati al fronte senza discussione.
E appunto perchè essi dovevano solo ubbidire e servire, noi siamo convinti che Frusino il titolo di «bellator», non lo meritò solo perchè combattè gloriosamente a canne, ma anche perchè fu glorioso in tutte le battaglie della campagna annibalica in Italia.
Infine c'è da registrare che, su quel terzo di territorio tolto ai Frusinati, nel 299 a.C. vi si stabilì la colonia rustica Teretina.
Padre Ignazio BARBAGALLO Agostiniano Scalzo
(FROSINONE - Lineamenti storici dalle origini ai nostri giorni) - "Editrice Frusinate 1975"
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