La questione dell'acqua e la costruzione della fontana
VIENE PORTATA L’ACQUA CORRENTE IN PIAZZA
Una seconda opera necessaria per venire incontro alle esigenze dei pellegrini che venivano al santuario era l’acqua corrente. A ciò ju provvisto nel 1708 per la comprensione e il favore della famiglia Molella. Nell’atto di concessione dell’acqua è detto: «Li RRE. PP. Agostiniani Scalzi... hanno solamente un pozzo d’acqua insufficiente, all’uso del convento, e dei popoli che in gran copia concorrono alla devozione specialmente del giorno della festa di detta Madre SS. che rendono affatto esausto detto pozzo a segno che sono poi costretti ad andare con gran loro incomodo a prendere l’acqua in altre parti non poco distanti e perciò abbiamo pregato l’Illustrissimo sig. G. Battista ed altri Sigg. Molelli affinché si compiacesse concederli l’acqua che scaturisce nel loro casale posto nel territorio di detto luogo in vocabolo Salaprico per condottarsi da essi PP. a proprie spese sino alla piazza di questa chiesa e al mezzo di essa farvi una fontana, anche per maggior ornamento di detto loro convento».
(Porzione del rogito redatto dai Molella per la donazione dell'acqua - Archivio di Stato FR)
L’istanza dei religiosi fu accolta dai Molella, anche perché vi si erano interposti i sigg. Muzio Battisti e Pietro Longhi, parenti dei proprietari dell’acqua. Questi ultimi due signori però fecero i loro interessi. Infatti ottennero l'acqua di scolo dell’erigenda fontana e non meno di «due oncia di acqua vergine», da derivarsi dalla conduttura che avrebbero costruita i frati.
Concordati questi patti, fu stipulato l’atto notarile il 21 agosto 1708 presso Notaio Giacomo Antonio Gorirossi. Procuratore dei Molella fu Muzio Battisti e, per i religiosi, lo stesso priore P. Marco (da S. Giuseppe).
Si procedette subito ai lavori. Le condutture furono costruite in muratura «con chiavica muraglia coperta e mattonato sotto». Nel giugno 1770 però fu effettuata una colletta tra i fedeli di Veroli, Ferentino, Alatri, Ceccano «per i condotti di piombo per la fontana essendosi rotto il condotto di masso sopra delle fondamenta della porteria» e, ritirati da Roma i «Condotti di piombo del prezzo di 2000 libbre», si fece la sostituzione dal maestro Arcangelo muratore nel luglio dello stesso anno.
La famiglia alatrese Molella, nata nel 1400 con Cola Molella, è legata a Frosinone anche per altri titoli, ma soprattutto attraverso la chiesa - santuario Madonna delle Grazie.
Questo edificio, originariamente di proprietà Quartucci da Torrice, come abbiamo detto a suo luogo, passò nel sec. XVIII alla famiglia Molella, attraverso il matrimonio di Paolo Quartucci con Maddalena Molella. Detti coniugi non ebbero figli maschi. L’unica loro figlia, Scolastica, sposò verso il 1750 con Pietro Molella (7 luglio 1722 - 3 agosto 1791) e così fu trasferito il diritto patronale. I Molella poi ampliarono la primitiva chiesetta e la dettero ad ufficiare ai PP. Liguorini. Quando questi furono soppressi dalle leggi eversive, anche la chiesa della Madonna delle Grazie fu incamerata dal Demanio, ma Valerio Molella, in forza del diritto di patronato, la ricuperò e la concesse nuovamente ai detti religiosi.
COSTRUZIONE DELLA FONTANA
"Pianta e prospetto dell'opera eseguiti durante i lavori di restauro curati dall'Amministrazione Comunale nel 2007"
Il prof. Michele Mattioni ha scritto: «Si racconta che, nella prima metà del sec. XVIII, un certo Livio de Carolis voleva donare alla città una propria fontana chiedendo che questa portasse il suo nome.
L’amministrazione municipale del tempo non né gradì l’offerta, né permise la costruzione.
Il De Carolis indispettito la eresse nella località della Madonna della Neve, ove tutt’ora si osserva».
Non sappiamo quanta verisimiglianza ci sia in questa voce. La documentazione storica che possediamo sembra smentirla.
Comunque, poiché il municipio di Frosinone ha dedicato a Livio de Carolis la via che da piazza Madonna della Neve conduce al cimitero comunale, sarà bene spendere qualche parola su lui e la sua famiglia.
LA FAMIGLIA DE CAROLIS
Colui che avviò l’ascesa di questa famiglia di Pofi fu l’arciprete locale D. Livio, che dal 1630 al 1672 resse la chiesa parrocchiale di S. Pietro. Egli si occupò molto dell’educazione dei due nipoti G. Battista e Giuseppe, figli del fratello Angelo. Giuseppe, nato il 14 luglio 1652, fu nominato vescovo di Aquino il 15 ottobre 1699 e, quando fu eretta la sede di Pontecorvo il 23 giugno 1725, fu il primo ad occuparne la cattedra. Morì a 90 anni il 5 gennaio 1742.
G. Battista invece, che era nato il 27 dicembre 1645, sposò ed ebbe quattro figli: Giampaolo, Michele, Pietro e Livio. Tutti i familiari di G. Battista furono devotissimi della Madonna della Neve. Questa devozione ebbe origine da una grazia straordinaria concessa dalla Vergine sulla fine del maggio 1675, ossia nello stesso mese in cui era avvenuto il miracolo che rese celebre l’immagine, fino allora ignorata.
Il figlio di G. Battista, Pietro, soffriva di forti dolori sciatici. Poiché il padre aveva fatto ricorso inutilmente a tutti i rimedi che suggerivano i professori, quando senti parlare dei miracoli che si verificavano dinanzi l’immagine della Madonna della Neve, pensò di venire anche lui in pellegrinaggio, per chiedere la grazia. Le sue speranze non furono deluse. Il bambino guarì istantaneamente. «Un sì segnalato beneficio fu motivo, che non solo egli, ma tutta la famiglia De Carolis siasi sempre mostrata parzialissima benefattrice di questo Santuario».
Il G. Battista, come abbiamo detto, è colui che nel 1678 suggerì all’ab. Scaglia di proporre gli Agostiniani Scalzi per la cura della nuova chiesa e che poi aiutò finanziariamente nella costruzione del convento. Egli si era arricchito, prima, commerciando i cereali e vendendoli a Roma a Campo dei Fiori, poi, prendendo l’appalto del macinato della provincia di Campagna e Marittima.
Nell’ottobre 1691 è «affittuario delle entrate di Terracina», succedendo a Carlo Gavotti, che lo era stato fin dal 1655.
Con tali attività si arricchì tanto da far nascere la leggenda che avesse trovato «il tesoro della regina Amalasunta nell’isola Bisentina». Egli si servì delle ricchezze per fare opere di bene. Nella lapide posta sul suo sepolcro nella chiesa di S. Pietro in Pofi sono sintetizzate le sue benemerenze: «Fu caro agli amici e ai poveri per la sua liberalità, intento all’esercizio delle virtù cristiane e tutto preso per l’incremento della religione».
A Pofi costruì il convento per i Francescani, annesso alla chiesa di S. Pietro; a Frosinone contribuì per la costruzione del santuario e il convento della Madonna della Neve. Morì a Roma il 7 marzo 1718, ma il suo corpo fu portato alla terra natia e tumulato nella detta chiesa di S. Pietro. «Dei quattro figli di G. Battista il primogenito, (leggi quartogenito) il più dotato, quello che seguì le orme paterne, facendolo da gran signore, fu Livio».
Questi fece costruire tra il 1716 e 1722 il palazzo dell’attuale Banco di Roma in via del Corso. Ne fu architetto Alessandro Specchi, discepolo di Carlo Fontana e lo decorarono gli artisti di cui si serviva Clemente XI per la Basilica di S. Giovanni in Laterano.
Esso riuscì uno dei palazzi più splenditi di Roma e fu sede dell’ambasciatore del re di Francia Luigi XVI. Nel 1726 acquistò dalla famiglia Altieri il feudo di Prossedi, che poco dopo Benedetto XIII innalzò a Marchesato. Livio eccedette nella mania di grandeggiare e quindi ben presto si avviò verso il tracollo. Morì il 1° settembre 1733 all’età 53 anni «con lasciare grandi debiti e grandi capitali».
Il suo nome è legato indissolubilmente a Frosinone attraverso il santuario della Madonna della Neve.
La sua prima opera, quella che lo ricorda maggiormente è l’artistica fontana che ancor oggi si ammira nella piazza.
«E’ di grandiosa architettura, con bacino quadribolato, su cui si eleva una elegante tazza centrale. Due obelischi, un pò discosti, l’affiancano». Fu costruita cinque anni prima che fosse iniziata la costruzione del detto palazzo in Roma. Poiché Livio stava allora mettendo in atto il suo programma di grandezza, pensiamo che abbia affidato il compito di progettarla ad uno dei migliori artisti che lavoravano nella capitale. Ne ignoriamo il nome poiché essa fu subito chiamata col nome del nostro finanziatore. Una tradizione dice che sia stato il nominato Alessandro Specchi.
(Fiore - stella ad otto punte rinvenuta nelle volte a crociera del convento. L'identico particolare è stato utilizzato per decorare la fontana.)
"Foto gentilmente offerta dalla Sig.ra Geraldina MORELLI del Consigliere Comunale di Frosinone"
RESTAURI DELLA CHIESA NEL 1725
Il nome di Livio De Carolis è legato ancora alla Madonna della Neve per aver finanziato in gran parte i restauri del santuario eseguiti nel 1725. Il fatto ci è stato tramandato anche
dalla lapide commemorativa che c’era a sinistra dell’altare maggiore nella chiesa che fu
demolita a seguito dei bombardamenti subiti nell’ultima guerra.
In questa circostanza fu anche decorato il coro dei religiosi che era installato nel vano retrostante l’altare maggiore. Sulla volta vi fu collocato un quadro che la Soprintendenza alle Gallerie ed alle Opere D'Arte nel 1929 ha così descritto: «Quadro su tela aderente alla volta del coro rappresentante l’Assunzione - Secolo XVIII. La Vergine vestita con i colori rituali è con le braccia alzate trasportata in cielo da Angeli che la sostengono in più parti del corpo. A destra un angelo genuflesso vestito di bianco con le braccia piegate sul petto in atteggiamento soave di delicatezza; dietro alcune figure di angeli che suonano strumenti musicali. A sinistra altro gruppo di angeli vestiti con i colori vari che cantano con accompagnamento di organo. Le dimensioni sono m. 5,00 x 4,50 circa. Autore Ignoto. L’ubicazione del quadro è nell’antico coro, aderente alla parte piana dello volta a schizzo, ed è originaria».
Padre Ignazio BARBAGALLO Agostiniano Scalzo
(FROSINONE - Lineamenti storici dalle origini ai nostri giorni) - "Editrice Frusinate 1975"
Per le citazioni storiche, la bibliografia ed altro, si rimanda ad una consultazione diretta dell'opera.