"CONFERMA PONTIFICIA DI ALCUNI FONDI FRUSINATI AL VESCOVO DI VEROLI"
"AVVENIMENTI POLITICO - MILITARI DEL SEC.XI"
LE PIE DONAZIONI DEL SECOLO XI
1°) - L’11 febbraio 1002 i coniugi frusinati Leone e Leonzia donano il fondo Araco al monastero di S. Pietro in Anagni. Il nome del fondo ci fa pensare a un campo di frumento, perché Araco, al dire del Battisti, è di origine asiatica o indo - europea ed è il nome di una qualità di grano.
Ma la donazione ad un monastero ci offre lo spunto per illustrare un aspetto della vita religiosa medioevale.
Le pie donazioni non erano effettuate solo dai delinquenti che avevano bisogno di espiare i loro delitti (De Sismondi) e neppure perché suggerite dalle concezioni millenariste (Scaccia Scarafoni).
Certo in molti casi hanno influito dette motivazioni. Però tale prassi risale, nella Chiesa, al giorno della Pentecoste e, nella società, all’esempio e alle disposizioni costantiniane. Esse erano dettate dalla tensione escatologica ed ultraterrena insita nel cristianesimo.
I coniugi frusinati addivennero alla donazione del loro fondo «per amore di Dio onnipotente, per mercede dell’anima propria e per il perdono dei peccati».
2°) - Molto più interessante è la donazione che fecero il 15 dicembre 1081 i coniugi Amato e Bona alla Chiesa collegiata di S. Andrea di Veroli.
Da essa intatti si desumono alcuni elementi molto interessanti per la conoscenza della vita interna di Frosinone. In questo documento è detto che Amato, figlio di Guerramo e Bona sua moglie, abitanti «nella città di Fresinone» donano i fondi che loro tenevano «nella città di Fresinone e nella città di Veroli».
Si tratta di «case, casali, orti, vigne, terre, prati, pascoli, selve, alberi fruttiferi e infruttiferi, colti e incolti, pieni o vuoti».
Le ragioni di questa donazione sono comuni a quella di cui abbiamo parlato prima.
L’importanza di questo documento è multipla. Noi ci contentiamo di evidenziare tre cose:
1) Frosinone è chiamato ripetutamente città. Lo Scaccia Scarafoni ha gi richiamato l’attenzione degli studiosi su questo particolare con una sua pubblicazione.
Nel suo articolo vuole provare tre verità: che Frosinone alla fine del sec. XI era città; che questa era governata da una aristocrazia terriera; che dalla locazione enfiteutica dell’898, quando era castello, si era sviluppato demograficamente ed era divenuto città.
Bisogna però notare che il titolo dì città si trova solo in questo documento, mentre invece in tutti gli altri posteriori Frosinone è sempre chiamato Castrum, che noi abbiamo impropriamente tradotto per castello.
Quando abbiamo ragionato sulla sede vescovile frusinate, si è ricordato che al dire del Battisti, nel medioevo il nome di città era riservato ai centri che avevano il vescovado. Il titolo quindi di città, attribuito a Frosinone in questo documento, potrebbe significare una qualifica di onore datagli perché una volta era stato sede vescovile, o anche perché aveva amministrazione consortile.
2) Amato era figlio di Guerramo. Qui ci troviamo dinanzi ad gastaldo di Frosinone. La notizia ci è fornita da un documento dell’archivio di S. Erasmo di Veroli: Guerramo vir magnificus et castaldeo».
Il Gastaldo è un termine che risale all’antico longobardo gastald. A Frosinone una gran parte di condomini è di origine longobarda, come può vedersi dai nominativi delle locazioni del 9 giugno 959 e del 5 settembre 1207, sopra riportate. E’ quindi naturale questa nomenclatura.
Il Gastaldo aveva l’incarico di tutelare gli interessi demaniali, che nel caso nostro erano della Chiesa romana. Egli aveva anche il compito di esercitare le funzioni di giudice e di luogotenente del sovrano. Era quello che un tempo furono i defensores nei patrimoni di S. Pietro nel primo medioevo.
Il nostro Guerramo, per avere trasmesso al figlio Amato tanti beni, avrà esercitato il suo gastaldato da molti anni prima del 1081.
Inoltre avrà lavorato con molto interesse per arricchire la famiglia. Intatti in un atto del 2 giugno 1147 vengono ancora nominati «gli eredi di Guerramo». Comunque, i frusinati notino che uno dei principali dirigenti della vita castellana di Frosinone nel sec. XI si chiamava Guerramo.
3) Il notaio Sico o Sicone. L’atto di donazione dl cui stiamo trattando fu rogato dal notaio frusinate Sico o Sicone.
E’ un nome che deve attirare l’attenzione del lettore. Infatti noi lo troviamo sia in quest’atto del 15 dicembre 1081 e sia in quello del 5 settembre 1207.
In quest’ultimo si dice che la casa de Siconibus è riservata per l’abitazione dei funzionari e impiegati della chiesa romana.
Essa è nel medioevo quello che sarà nei tempi recenti il palazzo della delegazione apostolica.
Ma chi era la famiglia Sicone o de Siconibus? Non abbiamo elementi sufficienti per dare una risposta adeguata. Però sappiamo che un Sicone, gastaldo di Acerenza, uccise Grimoaldo II duca di Benevento e gli successe col titolo di principe dal luglio 817 all’anno 832.
Inoltre è da ricordare che all’epoca della locazione del lago di Maniano (952), vi era un vescovo che si chiamava come il notaio di Frosinone, Sicone.
Questo vescovo, allorché Ottone I impose a Roma l’antipapa Leone VIII, si prestò per consacrarlo perché era semplice laico e, in seguito a questo fatto, fu deposto da Giovanni XII pontefice in carica.
Non possiamo affermare che tra i due Sicone ci sia stata parentela, si può tuttavia rilevare che il notaio frusinate apparteneva a una delle prime e influenti famiglie di quell’epoca.
CONFERMA PONTIFICIA DI ALCUNI FONDI FRUSINATI AL VESCOVADO DI VEROLI
Il 2 luglio 1097 Papa Urbano II conferma al vescovo di Veroli il possesso di alcuni beni che la cattedrale aveva in Frosinone.
Si tratta della «Chiesa di S. Giovanni e sue pertinenze, sita nel territorio di Frosinone lungo il fiume Cosa».
Tale conferma fu rinnovata poi da Pasquale II, Callisto II, Onorio II, Celestino II e Anastasio IV.
In quella del 15 giugno 1122 alle parole già riportate sono aggiunte queste altre: «e l’intero casale».
Segno che in detto fondo nel frattempo era stato costruito un casale.
Di questa chiesa di S. Giovanni dovremo riparlarne nel capitolo seguente. Qui notiamo solamente che il Moroni e altri autori considerano questa conferma pontificia come un nuovo riconoscimento della giurisdizione del vescovo di Veroli su Frosinone che prima non aveva.
Non è esatto interpretarla come un segno delle tristi condizioni di Frosinone e delle sue chiese.
AVVENIMENTI POLITICO - MILITARI DEL SEC. XI
In questo secolo bisogna ricordare l’invasione di Riccardo di Capua, il quale, « nel 1067, dopo aver preso Ceprano, devastò la provincia sino a Roma ». E’ quindi naturale pensare che abbia danneggiato anche Frosinone.
Neppure un ventennio dopo, nella primavera del 1084 Enirco IV « muoveva in persona nella Campagna e la devastava », mentre « il normanno (Roberto il Guiscardo) era venuto a passo forzato dalla via che un tempo aveva preso Belisario, passando per la valle del Sacco ».
Ma non furono questi soltanto gli eserciti che Frosinone vide passare ed armeggiare. In forza della sua posizione di punto centrale tra Roma e diversi ducati e regni dell’italia meridionale, non si possono contare le scorrerie e invasioni di stranieri che ha dovuto subire.
Dobbiamo però notare che nessuna ripercussione diretta si è avuta a Frosinone delle lotte per le investiture. Non poté essere coinvolto in quell’aspro duello, sia perché i suoi condomini erano « fedeli » della Chiesa e sia perché i vescovi del Lazio meridionale non erano « conti imperiali ».
Padre Ignazio BARBAGALLO Agostiniano Scalzo
(FROSINONE - Lineamenti storici dalle origini ai nostri giorni) - "Editrice Frusinate 1975"
Per le citazioni storiche, la bibliografia ed altro, si rimanda ad una consultazione diretta dell'opera.